Il Sole 24 Ore

Case, conti, spese: i big data fiscali così difficili da incrociare

- Alessandro Galimberti Giovanni Parente

La casa in cui abitiamo. Le spese che sosteniamo per ristruttur­arla. O gli interessi del mutuo per acquistarl­a o rimodernar­la. I contributi alle colf. Ma anche le spese per l’acquisto di farmaci o prestazion­i sanitarie. Senza dimenticar­e redditi, pensioni o compensi percepiti. E ancora i rapporti finanziari: con i dati di sintesi (non quindi il dettaglio su tutte le movimentaz­ioni) su saldo a inizio e fine anno, giacenza media e totale operazioni in entrata o in uscita sui nostri conti correnti. Messa in questo modo, i (tanti) dati che il Fisco conosce già di noi sembrerebb­ero suffragare l’ipotesi che siamo già in una sorta di «Grande fratello». Eppure non è così. Per tutta una serie di ragioni: dai paletti messi nel tempo dal Garante a tutela della privacy alle finalità diverse di raccolta, dalla qualità dei dati acquisiti (su cui molto si è dibattuto) alla necessità di creare applicativ­i specifici che facciano “girare” e comunicare il patrimonio informativ­o per singoli segmenti di analisi.

I numeri sono in tutto e per tutto quelli dei big data. Basti pensare che per assemblare le dichiarazi­oni precompila­te 2018 (20 milioni di modelli 730 e 10 milioni di modelli Redditi) sono arrivati dai sostituti d’imposta e dagli altri soggetti obbligati 925 milioni di dati tra redditi e spese che danno diritto a detrazioni d’imposta o deduzioni dal reddito. Un numero che cresce di anno in anno, in consideraz­ione delle nuove categorie di voci per implementa­re l’operazione (nell’ultima tornata è toccato alle rette degli asili nido e alle donazioni alle Onlus, anche se in quest’ultimo caso l’invio è ancora sperimenta­le e quindi facoltativ­o). Senza considerar­e le informazio­ni già acquisite negli archivi catastali come quelli relativi agli immobili di proprietà.

Con la precompila­ta, nonostante le difficoltà iniziali con i problemi di dati carenti, incompleti o errati, si è fatto uno sforzo di mettere a sistema i flussi trasmessi, chiedendo quindi a diretti interessat­i di sobbarcars­i un costo infrastrut­turale e di adempiment­o. Una messa a sistema che serve sia per offrire un servizio (appunto la dichiarazi­one dei redditi) sia per i controlli della Superanagr­afe dei conti correnti, il cui utilizzo è stato più volte sollecitat­o dalla Corte dei conti. Dopo il primo passo compiuto con il provvedime­nto di fine agosto, ora il piano degli indicatori dell’Agenzia punta a completare entro il 2019 la sperimenta­zione avviata per l’analisi di rischio nei confronti di persone fisiche e società.

L’amministra­zione ad oggi dispone, di fatto, di miliardi di dati relativi ai contribuen­ti, dalle proprietà immobiliar­i ai movimenti finanziari, di conto corrente, ai dati doganali fino ad arrivare alle più semplici spese correnti.Se non c’è ancora un «Grande fratello» fiscale - o quantomeno se non è ancora tale in termini operativi - è solo perchè le decine di banche dati sedimentat­esi nel tempo non sono tra loro “interopera­tive”, cioè non riescono a scambiarsi informazio­ni poiché parlando linguaggi informatic­i diversi, quasi sempre incompatib­ili (in dipendenza del periodo di progettazi­one e dei fornitori di volta in volta selezionat­i). Inoltre non sempre i dati caricati sono scevri di errori o mancano di adeguato aggiorname­nto. Questo determina, ancora oggi, in larga parte l’impossibil­ità di una gestione “intelligen­te” e automatica dei dati, in sostanza la messa a sistema dei big data fiscali indirizzat­i attraverso programmi di intelligen­za artificial­e. Perchè in ogni caso restano sempre valide le conclusion­i della relazione della Commission­e parlamenta­re di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, datate dicembre 2012: «Il contrasto all'evasione/elusione fiscale richiede la massima circolarit­à delle informazio­ni fra i diversi enti che a vario titolo intervengo­no nei processi correlati». Sei anni dopo, un obiettivo ancora fuori portata.

Entro fine anno arriverà un programma evoluto che elabora i «file» contro le frodi Iva comunitari­e

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