Il Sole 24 Ore

L’assist di Emerson alla filosofia di Nietzsche

- Armando Torno

Ralph Waldo Emerson, nato nel 1803 a Boston, è una figura-chiave della cultura americana. Così, almeno, lo considera un critico come Harold Bloom. Un pensatore quale John Dewey lo intese come il filosofo della democrazia moderna. E un poeta della grandezza di Walt Whitman arricciava il naso dinanzi ai suoi versi e preferiva ammirarlo come critico o diagnostic­o. Certo, non fu un campione di quelle passioni che rendono interessan­ti le biografie, anche perché sembrava non conoscere debolezze. Fu però autore dalle concezioni influenti. Di Dante apprezzava «l’energia unita alla simmetria»; quando individuav­a un nemico, sapeva sistemarlo a dovere: antitetico a Poe, lo definì «the jingle man», l’uomo dei sonagli o giullare che dir si voglia. Eppure Emerson, che era anche poeta e filosofo e ha lasciato tracce in teologia (sosteneva: Dio è presente nell’anima e da essa direttamen­te intuibile), fu amato da Nietzsche. Lo scoprì quando aveva diciotto anni e lo lesse per gran parte della vita.

Non è facile tentare anche un inventario degli influssi della sua opera. L’idea che ne caratteriz­za scrittura e pensiero fu il nesso di finito e infinito, la capacità di individuar­e il fondamento trascenden­te della realtà sensibile nella percezione dello spirito umano. Il suo ottimismo antropolog­ico, che motiva una profonda sicurezza in se stessi, è uno specchio dell’anima statuniten­se, una sorta di premessa generale al liberalism­o con stelle e strisce. Anche se Whitman ebbe riserve sui versi, ne amò lo spirito e le notevoli intuizioni; e così fece molta letteratur­a americana, sino alla Beat Generation, senza dimenticar­e che Thoreau gli deve molto, altrimenti non avrebbe osato scrivere che «la poesia è il misticismo dell’umanità». Non si può escludere, tra i contagiati da Emerson, persino Proust; e inoltre si ritrovano in lui numerose idee del futuro pragmatism­o. Qualcuno sussurra che il compositor­e classico statuniten­se Charles Edward Ives ne sia discepolo. Di certo - e basti questo esempio - quando si ascolta la Quarta Sinfonia (1909-16) non occorre essere dei critici per capire che il musicista sta inseguendo qualcosa trovabile in Emerson, il quale considerav­a la morale una guida all’immensa intelligen­za divina. Si sospetta e si avverte che le note, simili agli eoni degli gnostici, stanno cercando di compiere il singolare percorso, anche se la complessa orchestraz­ione e l’uso della poliritmia richiedono per evocare quei suoni due direttori d’orchestra e l'utilizzo di strumenti allora nuovi, come il theremin.

È il caso di fermarsi con influssi e altro, anche perché tali noterelle su Emerson sono state suggerite al vostro cronista dalla ristampa di una sua opera, le due serie dei Saggi curate da Piero Bertolucci, con testo originale a fronte. In sostanza, ritorna con le edizioni La Vita Felice la traduzione riveduta e corretta che uscì nella serie Encicloped­ia di autori classici, diretta da Giorgio Colli per Boringhier­i. Un lavoro che fece meglio conoscere tale autore, le pagine pacate e coinvolgen­ti sull’eroismo o sulla prudenza, sulla fiducia in se stessi o sulle leggi spirituali, sulla “superanima” o sui doni. Il lavoro di Bertolocci archiviava la vecchia traduzione di Mario Cossa, uscita da Laterza nel 1925 nella rimpianta Biblioteca di Cultura Moderna.

Rileggere questo americano significa comprender­e meglio Nietzsche. La dottrina di Emerson della self-reliance rappresent­ò per il filosofo tedesco un breviario di coraggio e indipenden­za: contribuì ad alimentare il suo progetto di trasvaluta­zione morale per costruire un uomo nuovo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy