Solenni «Inni» contro gli eretici
Efrem il Siro - santo e padre della Chiesa vissuto nel IV secolo (306-373) tra Nisibi ed Edessa - è considerato il più insigne rappresentante del Cristianesimo di lingua siriaca e di lui si apprezza la capacità di conciliare la vocazione del teologo con quella del poeta. Soprannominato «cetra dello Spirito Santo», uno studioso amante dei Padri, qual è Benedetto XVI, ha scritto che «la poesia gli permette di approfondire la riflessione teologica attraverso paradossi e immagini. Nello stesso tempo la sua teologia diventa liturgia, diventa musica: era infatti un grande compositore, un musicista. Le immagini contrapposte sono da lui largamente privilegiate, perché gli servono per sottolineare il mistero di Dio». Le vicissitudini storiche non gli hanno impedito di vivere la bellezza della fede, di cantarla, di insegnarla. Proprio le circostanze hanno accentuato il suo impegno di testimone. È diacono, assiste il vescovo, san Giacobbe, si prodiga nell’organizzazione dei soccorsi nel pieno di una carestia che travolge Edessa dopo il 370 e prestando questo servizio troverà la morte. Fondatore della «Scuola dei Persiani», l’attività di teologo-poeta non gli impedisce di prendere di petto il clima culturale del suo tempo contrassegnato dal proliferare delle eresie. Lo studio delle verità cristiane lo trasformano in un raffinato polemista. Agli Inni sulla Natività e sull’Epifania (tradotti in Italia dalle Paoline insieme agli Inni Pasquali) Efrem il Siro affianca un corpus di cinquantasei Inni contro le eresie che Les Belles Lettres hanno da poco pubblicato con l’immancabile e autorevolissima cura: ogni testo è commentato e accompagnato da un apparato di note, gli indici sono divisi in riferimenti biblici dell’Antico Testamento e Apocrifi e del Nuovo Testamento e Apocrifi; non mancano gli indici dei nomi propri e quello tematico. Ampio spazio è dedicato a un prezioso glossario delle dottrine e dei gruppi eretici citati (si contano 21 voci). La bibliografia supera le 20 pagine.
Gli interlocutori principali delle sottili dispute, sempre in versi, su verità ed eresia, su bene e male, luce e tenebre, natura e unicità di Cristo sono Ario e l’arianesimo, Mani e il manicheismo, Marcione, Bardesane. Quest’ultimo, rappresentante di una delle più antiche espressioni del Cristianesimo siriaco e padre dell’innologia cui si ispira Efrem, diventa docetista e gnostico per le tesi elaborate su anima e corpo e sulla fisicità solo apparente di Cristo. Composti in parte a Nisibi e ultimati a Edessa, questi Inni hanno come destinatari le comunità cristiane e i fedeli perché sappiano distinguere la verità dall’errore che spesso si presenta in maniera subdola. L’opera è concepita come un piano teologico a difesa dell’ortodossia e del “corpo della Chiesa”. Nell’Inno conclusivo, il LVI intitolato Il gregge di Cristo, scrive: «Mani e Bardesane hanno profanato le assemblee come fornicatori e introdotto i loro propri nomi al posto di questo bel Nome»; per poi aggiungere: «O mio Signore, che le pene del Tuo pastore non siano disprezzate, perché io non ho turbato il Tuo gregge, al contrario, finché ho potuto ho tenuto i lupi lontani e ho costruito, fino a che sono stato capace, il recinto degli inni per gli agnelli del Tuo pascolo».
Efrem dà voce alle dimensioni divine e umane del mistero della redenzione e in modo poetico anticipa temi e linguaggio delle grandi definizioni cristologiche dei Concili del V secolo.