Il Sole 24 Ore

Un viaggio per capire il vento solare

Sonde spaziali. Per la prima volta la missione Nasa dedicata a un vivente

- Patrizia Caraveo

L’anno scorso, Eugene Parker, novantenne professore emerito all’Università di Chicago, ha ricevutou natele fon atadaT ho masZurbuch­en, direttore dell emissioni scientific­he della NASA, che gli comunicava­che l’ Agenzia voleva cambiare il nome della sonda Solar Probe Plus per dedicarla a lui. Superato un momento di comprensib­ile stupore, Parker ha acconsenti­to e la sonda è diventata il Parker Solar Probe. Forse non pensava di fare la storia, ma è la prima volta che la NASA dedica una missione ad uno scienziato vivente. Perché lo hanno fatto? Sempliceme­nte perché è stato il giovane professor Parker a rivoluzion­are la fisica solare ipotizzand­o l’esistenza del vento solare. Era il 1958 ed Eugene N. Parker, uno sconosciut­o ricercator­e trentunenn­e, era arrivato a studiare il Sole e lo spazio interplane­tario sempliceme­nte perché era l’unico argomento che gli aveva dato la possibilit­à di avere una posizione all’Università di Chicago. Osservando chela coda delle comete è sempre rivolta in direzione opposta al Sole, pensò che la nostra stella debba emettere qualcosa che riempie lo spazio interplane­tario. L’intuizione fondamenta­le di Parker fu che questo qualcosa fosse un flusso di particelle che si comporta come il vento o l’acqua. Inoltre, dal momento che il Sole ruota, le particelle debbano descrivere una traiettori­a a spirale.Quasi nessuno gli credette. Però aveva ragione. Quattro anni dopo, la sua teoria fu confermata: Mariner 2, una sonda della NASA in viaggio verso Venere, misurò un flusso di particelle cariche nello spazio interplane­tario, esattament­e quello che aveva previsto.Il Parker Solar Probe, sarà la prima sonda a studiare in loco la corona solare avvicinand­osi come mai nessuno strumento alla nostra stella per capirei meccanismi alla base dell’ emissione del vento solare, il flusso di particelle che emana dal sole a riempire lo spazio interplane­tario.La sonda non è enorme (grossomodo delle dimensioni di una utilitaria) mah a avuto bisogno di uno Atlas4Heav­y, il più potente lanciatore disponibil­e perla NASA. Per andare verso il Sole bisogna,infatti, cancellare dinamicame­nte la velocità della Terra che orbita a 30 km/ sec Per quanto possa sembrare strano, andare verso il centro del sistema solare è molto costoso dal punto di vista energetico, il ParkerSola­rP robe ha bisognodi molta più energia di una missione diretta verso Marte. La spinta dello Atlas 4 Heavydas ola non è sufficient­e. Ci penserà Venerea frenare la sonda e a farla avvicinare sempre più al Sole. Il 3 ottobre 2018 ci sarà il primo fly-by frenante di Venere e il 5 novembre è previsto il primo passaggio ravvicinat­o a circa 25 milioni di km dal Sole, meno della metà della distanza Sole-Mercurio. Ma è solo l’inizio. Venere dovrà intervenir­e altre sei volte per ottenere l’orbita finale che durerà 88 giorni e passerà ad appena 6 milioni di km dal Sole. Nessuna sonda ha mai osato tanto. Dovendo inserirsi in un’orbita così precisa, la missione aveva delle finestre di lancio ben definite. Sabato 11 agosto, il conto alla rovescia ha dovuto essere interrotto per fare qualche controllo. Poco male, il Parker Solar Probe è partito il giorno successivo, iniziando un viaggio che durerà circa sette anni e non sarà una passeggiat­a. Il primo problema della missione che vuole studiare il riscaldame­nto della corona solareè non farsi arrostite dal calore del Sole. Fa affidament­o su uno scudo termico in fibra di carbonio e “vuoto” che la deve proteggere dalla temperatur­a che fa fondere l’acciaio. Una sfida tecnologic­a molto difficile consideran­do che il successo della sonda dipenderà proprio dal far funzionare i suoi strumenti in un ambiente arroventat­o. Auguri di buon raffreddam­ento.

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