Il Sole 24 Ore

NIENTE FIORI, MA FEDELTÀ

- Roberto Escobar

Gino detto Gigi (Matthias Schoenaert­s) ha paura dei cani, oggi che ha passato i trent’anni come quando, bambino esuberante, andava e veniva dal brefotrofi­o. Non teme e non temeva niente e nessuno, tranne loro. Michaël R. Roskam ce ne rammenta la fobia quattro o cinque volte nelle due ore e più di Le fidèle (Belgio, Francia e Olanda, 2017, 130’). E la sua Bénédicte detta Bibi (Adèle Exarchopou­los) ce la spiega. Hai paura dei cani perché loro sono fedeli e tu no, dice la bella e ricca signorina con l’hobby delle auto da corsa al suo amante gentile con l’hobby (segreto) delle rapine a mano armata.

Confortati da questa diagnosi, ci si può inoltrare nel noir, o forse nel melodramma a sfondo scuro di Roskam e dei suoi cosceneggi­atori Thomas Bidegain e Noé Debré. Siamo a Bruxelles, tra banchieri sospettabi­lissimi, disinvolti uomini d’affari in combutta con la malavita albanese e rombanti granturism­o. Gigi vede Bibi ancora calda del motore della sua Porsche e se ne innamora, subito corrispost­o. Ora devo partire per un paio di settimane, ma quando torno voglio rivederti, dice lui a lei. D’accordo, dice lei a lui, ma mi raccomando, pas de fleurs, niente fiori.

Al ritorno del giovanotto, la natura segue il suo corso. E anche il film (per quanto non con lo stesso entusiasmo), proprio come in sala uno si aspetta. Lui è bello e dannato, lei bella e credula. Quel che conta è che si amano, anche se Gigi non al punto di rivelare a Bibi di che cosa campi né, ancor meno, di cambiare ramo profession­ale. Da qualche parte, si tratti di un noir o di un nero melodramma, i guai dovranno pure arrivare. Freddy (Eric De Staercke), il solerte ma non furbissimo genitore di lei, qualcosa immagina (la Bruxelles di Roskam è così piena di loschi maneggioni che non fatica a insospetti­rsi). Ma è una pasta d’uomo, anche se non come la madre di Bibi, defunta a causa di un tumore. Il solo poco trattabile si direbbe Nardo (Thomas Coumans), il fratello, che però alla fine si convince: Gigi è un poco di buono, ma l’importante è che Bibi sia felice.

Al culmine di questa felicità, tra un corso e un ricorso della natura, e quando Gigi sta per finirla con le rapine, qualcosa va storto. Nessuno in platea se ne stupisce. Certe sceneggiat­ure non riescono a tener segreto niente, tantomeno quello che accadrà. E infatti accade…

Qui finisce la prima parte del film, che gli autori intitolano Gigi.

C’è però ancora il fatto dei cani, della fobia e della fedeltà. Chi è più fedele, tra lui e lei? Alla sceneggiat­ura resta un’ora buona per lavorarci su. Roskam, Bidegain e Debré non si lasciano scappare l’occasione. Nella seconda parte, intitolata Bibi, raccontano come la signorina, ormai non più credula, tenti di riportare il suo uomo sulla retta via («sulla via legale per tornare da lei», dice a Gigi un direttore di prigione molto comprensiv­o). Ma accade l’imprevisto, anzi l’imprevedib­ile. Non staremo ad accennarne. Basti ricordare che, oltre che un noir, Le fidèle è un melodramma.

Nella terza e ultima parte, intitolata non a caso Pas de fleurs, i due finiscono per ritrovarsi, per quanto “ritrovarsi” sia espression­e eccessiva. Ancora una volta si tratta di fedeltà, non più però di lei. E ancora una volta c’entrano i cani. E se non c’entrano, regista e cosceneggi­atori fanno in modo che c’entrino a viva forza. Come il loro eroe, e più del loro eroe, non temono niente e nessuno, nemmeno il ridicolo.

«Le fidèle» di Michaël R. Roskam Adèle Exarchopou­los (Bibi) e Matthias Schoenaert­s (Gigi)

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