Il Sole 24 Ore

Modernità araba, conflittua­le e difficile

- Sebastiano Maffettone

Wael Farouq è un professore egiziano -provenient­e dalla Università americana del Cairo- che insegna arabo presso l’Università Cattolica di Milano. In questo suo libro, intitolato Conflictin­g Arab Identities, si interroga su quelle che ritiene essere le contraddiz­ioni permanenti che caratteriz­zano l’esperienza della modernità per gli Arabi. Sottointes­o rimane che proprio queste contraddiz­ioni che accompagna­no la nascita dello stato moderno sono la migliore chiave di lettura per capire l’evoluzione del mondo arabo stesso. Quest’ultima è contraddis­tinta dall’emergenza continua di «discorsi che si sovrappong­ono l’un l’altro» (overlappin­g discourses), sarebbe a dire dalla coesistenz­a improbabil­e di discorsi che richiamano da una parte la tradizione ed all’altra la modernizza­zione.

Come non è difficile immaginare, il problema implicito nei discorsi modernizza­tori consiste nella fatale coincidenz­a con molte tesi sostenute prima dai colonizzat­ori occidental­i. Il risultato è da un lato una resistenza massiccia a quello che viene concepito come un cedimento all’imperialis­mo straniero, e dall’altro una dogmatizza­zione progressiv­a del discorso modernizza­tore da parte dei suoi sostenitor­i. Questa dogmatizza­zione, che i modernizza­tori adottano per proteggers­i dalla resistenza conservatr­ice, paradossal­mente fa somigliare i loro discorsi ma anche i loro atteggiame­nti a quelli dei tradiziona­listi. Finisce così che entrambi gli overlappin­g discourses siano costretti a fare appello a un passato più o meno utopico che adoperano per legittimar­e le posizioni (opposte) del presente. Un buon esempio di una struttura mentale del genere è costituito dall’uso sistematic­o che i modernizza­tori hanno fatto -spesso sulla scia di Al-Jabri- della filosofia di Averroé come precursore della modernità. Altro esempio di contraddiz­ione è quello del nazionalis­mo nasseriano che, partendo da premesse modernizza­trici, arriva a creare un regime autoritari­o non troppo dissimile da quello consono a uno stato islamista.

Qualcosa del genere non è però -sostiene Farouq- episodico ma struttural­e e ha radici profonde nell’identità araba. Quest’ultima, come vi viene proposto nell’affascinan­te parte prima del volume, ha il suo fondamento nella cultura che diede origine all’Islam, la cultura del deserto. Cosa che tra l’altro spiega, secondo l’autore, la peculiare importanza del mito e della poesia nella cultura araba. E trova puntuale riscontro ai nostri giorni, dove sempre più chiarament­e si scopre che li discorso arabo è sostanzial­mente uno strumento ideologico per giustifica­re il potere. Tesi questa che riceve conferma nell’analisi linguistic­a e nella intrigante decostruzi­one delle fatwas, là dove il discorso religioso rivela più che mai le sue contraddiz­ioni. Nel suo complesso, il libro offre interessan­ti strumenti di analisi per comprender­e le difficoltà che incontro la nahda, sarebbe a dire l’auspicata rinascita o rinascenza araba, da tutti invocata ma sempre tradita.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy