Lo sport dilettantistico pesa l’ingresso nel Registro unico
Da valutare per le associazioni la convenienza di qualificarsi enti del Terzo settore Chi resta fuori mantiene il regime fiscale forfettario della legge 398/1991
Anche le associazioni sportive dilettantistiche (Asd) possono diventare enti del Terzo settore (Ets). La circolare 18/E del 1° agosto elimina ogni dubbio al riguardo e di fatto non c’è incompatibilità tra il nuovo Registro unico del Terzo settore (ancora da istituire in base al Dlgs 117/2017) e quello del Coni, per cui l’eventuale iscrizione nel primo non dovrebbe comportare la cancellazione dal secondo. Le Asd potranno quindi decidere se accedere al Terzo settore o rimanere fuori. Con conseguenze ovviamente diverse.
Fuori dal Registro unico
Tra le agevolazioni fiscali oggi in vigore per le associazioni sportive dilettantistiche spiccano la determinazione forfettaria del reddito imponibile e dell’Iva (in base alla legge 398/1991) e la decommercializzazione delle attività rese verso corrispettivi specifici (articolo 148, comma 3, del Tuir).
Ai fini Ires, le Asd con proventi derivanti da attività commerciali non superiori a 400mila euro possono optare per la forfettizzazione del reddito imponibile, applicando all’ammontare di questi proventi il coefficiente di redditività del 3%, cui si sommano eventuali plusvalenze.
Inoltre, sono considerate non commerciali le attività svolte in attuazione degli scopi istituzionali, a fronte di corrispettivi specifici, a favore degli associati (articolo 148, comma 3 del Tuir).
Quanto all’Iva, il meccanismo forfettario riguarda la detrazione: le Asd che optano per il regime agevolato della legge 398/1991 hanno una detrazione al 50% per i proventi derivanti dalle attività commerciali connesse agli scopi istituzionali.
Le Asd che resteranno fuori dal Registro unico del Terzo settore conserveranno integralmente questo regime fiscale, che viene invece disapplicato per tutti gli Ets, in base al Codice del terzo settore (Cts, il Dlgs 117/2017).
Dentro il Registro unico
Se sceglieranno di diventare enti del terzo settore, iscrivendosi al futuro Registro unico, le associazioni sportive dilettantisctiche avranno un trattamento fiscale differente in base alla sezione del Registro nella quale andranno a collocarsi. Le possibilità concrete sono due:
diventare associazione di promozione sociale (Aps), sussistendone i requisiti;
iscriversi al Registro unico degli Ets come «altro ente del Terzo settore».
Sicuramente è più conveniente la prima opzione, che consente alle Asd di mantenere un regime fiscale simile a quello di partenza. Le Aps, infatti, godono di una determinazione forfettaria del reddito Ires più favorevole degli altri Ets e di forti semplificazioni ai fini Iva (articolo 86 del Codice del terzo settore), oltre che di una decommercializzazione analoga a quella dell’articolo 148, comma 3, del Tuir (si veda l’articolo in basso).
Ricade in una situazione diversa, invece, la Asd che si qualifica come altro ente del Terzo settore.
Ai fini Ires si perde l’agevolazione dell’articolo 148, comma 3, del Tuir e il regime forfettario della legge 398/1991 viene sostituito da quello dell’articolo 80 del Codice del terzo settore, che prevede sempre una tassazione forfettaria, ma con percentuali più elevate e solo per gli enti fiscalmente non commerciali. In luogo del 3%, sono previsti coefficienti di redditività a scaglioni tra il 5% e il 17%, a seconda dell’ammontare di ricavi e del tipo di attività. Ai ricavi così determinati vanno sommate non solo le plusvalenze, ma anche sopravvenienze attive, dividendi, interessi e proventi immobiliari. Questo regime potrebbe eventualmente risultare vantaggioso solo per le Asd escluse dal forfettario della legge 398/1991 (oltre il plafond dei 400mila euro), che come Ets potrebbero applicare il coefficiente del 17% (14% per attività diverse da prestazioni di servizi). Ai fini Iva, una Asd che si iscrive come «altro Ets» perde poi la detrazione forfettaria della legge 398/1991.
Resta da chiarire se le Asd che accedono al Terzo settore potranno continuare ad applicare il trattamento fiscale e previdenziale dei compensi, indennità, premi e rimborsi inquadrabili come redditi diversi in base all’articolo 67, comma 1, lettera m) del Tuir, per i quali è prevista la non imponibilità nel limite di 10mila euro. Il Codice del Terzo settore non sembra porre limitazioni in questo senso, ferma restando la necessità di rispettare i parametri relativi al trattamento economico dei lavoratori del Terzo settore (articoli 8 e 16 del Cts). Un chiarimento ufficiale sul coordinamento tra le due discipline potrebbe agevolare le Asd orientate verso l’ingresso nel Terzo settore, considerato che questo regime di favore interessa un gran numero di atleti e collaboratori del mondo dello sport dilettantistico.