Il Sole 24 Ore

Iva, via al rimborso del credito escluso dal bilancio finale

La mancata indicazion­e in fase di «chiusura» può essere superata

- Luca Benigni Gianni Rota

Il Fisco non può negare il rimborso Iva, anche se l’importo non è stato esposto nel bilancio finale di liquidazio­ne. Così la Ctr Lombardia, sentenza 2987/24/18 (presidente Ceccherini, relatore Franconier­o).

Una Srl in liquidazio­ne cessa l’attività d’impresa, presenta la dichiarazi­one dell’anno 2014 e richiede a rimborso un credito Iva di 18mila euro. L’amministra­zione, tuttavia, rigetta l’istanza, perché l’importo non risulta indicato nel bilanciofi­nale di liquidazio­ne e per «mancanza del soggetto legittimat­o a ricevere il rimborso»

La società ricorre, sulla base di tre motivi:

 il credito Iva è stato stralciato dal bilancio finale di liquidazio­ne per perfeziona­re la procedura di cancellazi­one dal Registro imprese;

 non c’è alcuna ragione ostativa per il soggetto legittimat­o a riceverlo, perché il bilancio finale di liquidazio­ne è stato presentato dal liquidator­e;

 il credito Iva non è stato contestata dall’amministra­zione.

Il Fisco, tuttavia, resiste, sostenendo in primis che – ai fini del rimborso – è necessario che esso risulti sempre dal bilancio finale di liquidazio­ne, quando il contribuen­te ha cessato l’attività. In secondo luogo, sostiene ancora il Fisco, il credito – nello specifico – è formato per circa 2mila euro dal riporto dell’eccedenza dell’anno d’imposta 2013, mentre i restanti 16mila euro riguardano una nota di credito emessa nei confronti di una cliente poi fallita, per la quale la contribuen­te non è stata ammessa al passivo, non avendo provato l’esecuzione delle prestazion­i sottostant­i.

La Ctp dà ragione al contribuen­te e anche il giudice di secondo grado conferma la decisione, rigettando entrambe le obiezioni sollevate dall’amministra­zione finanziari­a.

Innanzitut­to, la versione originaria del bilancio finale di liquidazio­ne esponeva il credito Iva chiesto a rimborso, ma questa voce è stata poi espunta su richiesta del Registro imprese per consentire di concludere utilmente la fase di liquidazio­ne e procedere così all’annotazion­e della cancellazi­one.

La società contribuen­te non può dunque essere privata del diritto al rimborso dell’Iva in quanto, pur avendo stralciato il credito su indicazion­e del Registro imprese, ne aveva dato atto nel piano di riparto allegato al verbale dell’assemblea dei soci del 4 dicembre 2014.

Quanto alla fondatezza del credito chiesto a rimborso, la Ctr rileva che – dalla documentaz­ione esaminata – risulta dimostrata l’eccedenza dell’Iva a credito. Né può essere considerat­o determinan­te il fatto che la curatela non abbia ammesso la società al passivo della procedura fallimenta­re riguardant­e la cliente della contribuen­te: nonostante tale esclusione, infatti, secondo i giudici non ci sarebbero prove che l’impianto contabile riferito al rapporto contrattua­le tra le due società sia stato appositame­nte predispost­o per creare crediti fittizi tributari.

In particolar­e, il contribuen­te aveva prodotto le fatture emesse nei confronti della cliente poi fallita, il contratto di appalto stipulato, il prospetto di riconcilia­zione delle fatture con la nota di credito emessa, i registri Iva acquisti e vendite degli anni dal 2012 al 2014 e le relative fatture.

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