Il consulente non sempre può invocare l’errore
La non punibilità «estesa» prevista in ambito fiscale Pubblichiamo un estratto dell’articolo pubblicato sul numero di settembre di Norme & Tributi Mese.
La difficoltà di comprensione del significato delle norme in materia fiscale ha reso necessario un intervento speciale del legislatore. L’articolo 47 del Codice penale stabilisce che «l’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato». La disposizione dell’articolo 15 del Dlgs 74/2000, però, va oltre. Per i reati tributari (tutti i reati tributari, ovunque disciplinati) è infatti contemplata un’ulteriore ipotesi di non punibilità allorché esistono «obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione».
In linea concreta, allorché l’imputato di questa categoria di reati adduce l’errore ex articolo 15, il giudice non può esimersi dal valutare la concreta situazione di fatto nell’ambito della quale si sostiene essere maturato l’errore interpretativo: ad esempio, perché in tal modo consigliato dal professionista consulente; perché si è adeguato all’interpretazione della norma fiscale fornita da quotidiani o riviste specializzate; perché qualche precedente sentenza ha accolto la medesima interpretazione favorevole; perché una circolare delle Entrate ha risolto il caso in questione in materia favorevole al contribuente; e così via.
Verificandosi una delle ipotesi citate la sentenza dovrà essere di proscioglimento o di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste o non costituisce reato”.
Tutto ciò premesso, viene in primo luogo in considerazione il problema del concorso del contribuente con il professionista al quale si è rivolto. La giurisprudenza è particolarmente rigorosa, seguendo, in generale, la tesi della corresponsabilità di entrambi o dei vari soggetti a norma dell’articolo 110 del Codice penale, in forza della quale:
il contribuente non può difendersi semplicemente adducendo di aver tenuto un determinato comportamento in forza di quanto suggeritogli dal professionista; il professionista può andare indenne da responsabilità solo se dimostra che il contribuente non gli ha prospettato la situazione concreta in maniera corretta e completa.
Quanto precede vale specificamente in materia di delitti dolosi, ma viene ritenuto applicabile anche in presenza di contravvenzioni colpose.
La giurisprudenza, comunque, non è mai stata dell’avviso che il contribuente possa automaticamente essere escluso da responsabilità per essersi adeguato al parere del professionista, allorché, ad esempio, risulti di non aver fornito al medesimo tutte le complete informazioni per la perfetta valutazione della situazione concreta sottoposta al suo esame o addirittura per averlo indotto in errore.