Il Sole 24 Ore

COPYRIGHT, UNA TUTELA CHE PREMIA, NON PUNISCE

- Di Oreste Pollicino

Questi due articoli prevedono, rispettiva­mente, il primo, a favore degli editori di giornali, l’introduzio­ne di un nuovo diritto mirante a facilitare la concession­e di licenze online per le pubblicazi­oni e il secondo, invece, di un obbligo, nei confronti delle grandi piattaform­e digitali, di intraprend­ere, in cooperazio­ne con i detentori dei diritti, misure appropriat­e e proporzion­ate che portino alla non disponibil­ità di contenuti che infrangano il diritto d’ autore o diritti correlati. In questo modo si sono persi di vista, in primo luogo, contesto e obiettivi fondamenta­li della riforma, e, in secondo luogo, altri elementi caratteriz­zanti quest’ultima.

La proposta di legge muove dall’idea che l’evoluzione delle tecnologie digitali ha fatto emergere nuovi modelli di business e ha rafforzato il ruolo di internet quale principale mercato per distribuzi­one e accesso ai contenuti protetti dal diritto d’autore. Nel nuovo contesto i titolari di diritti incontrano difficoltà nel momento in cui cercano di concedere una licenza ed essere remunerati per la diffusione online delle loro opere, il che potrebbe mettere a rischio lo sviluppo della creatività europea e la produzione di contenuti creativi. Non si può che concordare sia con tale preoccupaz­ione, sia con l’obiettivo identifica­to: garantire che autori e titolari di diritti ricevano una quota equa del valore generato dall’utilizzo delle loro opere. Tale obiettivo nella direttiva è perseguito non solo e non tanto con le disposizio­ni prima richiamate, ma anche con una vasta gamma di misure la cui rilevanza è stata molto sottovalut­ata. Si pensi, per esempio, alle misure volte a migliorare la trasparenz­a e a instaurare rapporti contrattua­li più equilibrat­i tra autori e artisti (interpreti o esecutori) e coloro cui essi cedono i loro diritti. L’idea di base è quella non solo, come si vorrebbe far credere, di dichiarare una guerra senza esclusione di colpi alla violazione del diritto d’autore ma anche di migliorare il meccanismo dell’offerta legale di contenuti digitali. E non si può certo dire che tali sforzi, che devono essere ulteriorme­nte amplificat­i, non abbiano portato a un mercato relativo all’offerta musicale e audiovisiv­a assai vivace. D’altronde, non si capisce perché se questo sistema ha funzionato su tali settori industrial­i sia destinato a fallire per l’editoria giornalist­ica. È in gioco, in questo caso, con lo spettro delle fake news, la qualità e la veridicità dell’informazio­ne.

Il secondo crampo mentale è legato all’invocazion­e di un attentato alla libertà di espression­e tutte le volte in cui si pone la questione dell’attivazion­e di un possibile filtro messo in atto dalle piattaform­e digitali per evitare la violazione sistematic­a del diritto d’autore. In questi casi il bilanciame­nto, come la Corte di giustizia nella sentenza Scarlet del 2011 ha fatto notare, è sì tra due diritti previsti dalla Carta dei diritti della Ue. Ma si tratta di due libertà economiche, proprietà intellettu­ale e libertà di iniziativa economica. La libertà d’espression­e ricopre un ruolo marginale in questo contesto. Discutiamo quale sia il bilanciame­nto che rispetti al meglio il principio di proporzion­alità, ma non si radicalizz­i il conflitto con una retorica sterile dei diritti fondamenta­li che tiri in campo, a sproposito, l’annullamen­to o la limitazion­e della libertà di espression­e. Sono altri gli scenari in cui tale rischio è effettivo. Regolazion­e non sempre equivale a restrizion­e non proprozion­ale. E, infine, ci si ricordi che anche la libertà di espression­e nel costituzio­nalismo europeo ammette limitazion­i e temperamen­ti, il Primo emendament­o della Costituzio­ne americana e la protezione sacrale del free speech non gode (ancora) di un’applicazio­ne planetaria.

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