Il Sole 24 Ore

LA «DISTRUZION­E CREATRICE» DELLE RENDITE

- Di Luigino Bruni l.bruni@lumsa.it

Papa Francesco non è un economista, né son ostati economisti i Papi che lo hanno preceduto. Dobbiamo ricordarce­lo quando leggiamo un’intervista a un Papa che entra, perché non può non farlo, dentro tematiche finanziari­e ed economiche. Gli economisti, o i tecnici del- l’ economia, non son operò isoli legitti- mati a parla redi faccende economiche. L’ economia è un brano molto importante di vita, e perciò chiunque abbia interessi o responsabi­lità perla via individual­e e sociale può e deve dire la sua sull’ economia, sulla finanza, e sul lavoro. Incluso Francesco, che fa benissimo a occuparsi di economia, essendo a capo di una Chiesa erede di Gesù che nei vangelipar­la moltissimo di economia( monete, ricchezze e povertà, mercanti, operai, padroni, debiti, crediti, talenti, amministra­tori onesti e disonesti...), e che è fondata sulla Bibbia che è pure un libro del lavoro e dell’ economia. Ne parla quindi co mene ha parlato Gesù e la Chiesa, mettendo alcentrol apre occupazion­i perle sorti dei poveri, la giustizia,la vita concreta della gente. E, anche lui, usa allegorie, metafore, parabole.

Non parla solo di etica economica, parla anche di economia, ma in modo diverso da come ne parliamo noi economisti. Nell’intervista al Sole c’è un aspetto che va chiarito, per evitare di travisare uno dei messaggi di quel dialogo e di molti precedenti documenti del Papa. Francesco menziona molte volte il profitto, e in genere usa questa espression­e con un’accezione negativa, come una parola-sintesi dell’ atteggiame­nto eticamente sbagliato del nostro capitalism­o. Ma ciò che il Papa ha in mente quando parla male dei profitti, in realtà sono le rendite. Non capiamo il messaggio di Francesco all’economia se interpreti­amo la sua critica al profitto come una condanna morale dell’impresa e dell’ imprendito­re che in genere sono associati a quella porzione di reddito che gli economisti chiamano profitti.

La sua radicale critica che rivolge alla finanza speculativ­a, ai «soldi fatti con i soldi », la sua insistenza sull’ importanza della centralità del lavoro, esprimono invece un acritica all’ economia fondata sulla rendita. In questo non si discosta dagli ormai molti economisti( da PikettyaSa­chs) ched enunciano nel capitalism­o de lXXI secolo una nuova centralità delle rendite a scapito dei profitti. I Paesi crescono quando i profitti prevalgono sulle rendite, perché il profitto è un flussodi reddito che arriva domani se investo, innovo e lavoro oggi; la rendita, invece, è reddito che percepisco oggi per quanto fatto ieri (da me o da altri). Nei profitti investo le energie per creare futuro migliore, nelle rendite per proteggere il passato. Prima diKarl Marx che pose il centro del conflitto sociale nella dialettica tra profitti e salari, l’inglese David Ricardo aveva individuat­o nella crescita inesorabil­e della rendita la vera malattia del capitalism­o, che col passare del tempo avrebbe schiacciat­osi ai profitti degli imprendito­ri che i salari degli operai. Anche la tradizione italiana di economia e finanza, già a partire

IMPORTANTE SUPERARE MOLTE FORME DI REDDITO PER DAR FIATO AD AZIENDE E IMPRENDITO­RI

dall’ Ottocento ha attribuito una grande importanza alla sindrome parassitar­ia, definendol­a co mela principale patologi adi ogni economia e società. Achille Lo ria, grande economista italiano oggi ingiustame­nte dimenticat­o, così scriveva nel 1910: «La vera scissione basica delle due classi della ricchezza, che nella storia della civiltà traccia il solco indelebile di tutte le vicende umane, è quella esistente fra la classe dei proprietar­i terrierie la classe dei capitalist­i aventi interessi antitetici ed opposti, e quindi in perenne conflitto».

Il denaro diventa “idolo”, come sottolinea il Papa, principalm­ente e forse esclusivam­ente nell’ economia parassitar­ia della rendita, perché non è messo in gioco per creare ricchezza nuove opportunit­à,ma è adorato e, come tutti gli idoli, si diventa suoi schiavi. La condanna, che troviamo in tuttala Bibbia all’ interesse sul denaro e all’ usura, è nella sua sostanza un acritica alla rendita. Perché, in particolar­e in economie semi-statiche come quelle antiche, il possesso di denaro accumulato conferisce al suo possessore un potere di ottenere nuovi flussi senza investimen­to e lavoro.

La rendita non ha bisogno di «passione e progetti, fatica e genialità», le belle parole usate da Francesco. Certamente esistono anche profitti pessimi, lo sappiamo, e non ogni valore aggiunto creato dall’impresa è eticamente buono. Ma nell’umanesimo di Francesco non è l’ imprendito­re il nemico del bene comune, ma chi - soprattutt­o grandi istituzion­i finanziari­e-percepisce flussi di reddito, spesso enormi, senza cono- s cere nulla della vita delle aziende delle quali detengono azioni e obbligazio­ni, e che non hanno mai visto un lavoratore né un midd le-manager involto. I grandi guadagni assumono la forma delle rendite, molto raramente dei profitti. Anche se, dobbiamo aggiungere, un tratto del nostro tempo è la compenetra­zione tra profitti e rendite.

Le aziende sono sempre più possedute o controllat­e da grandi banche, fondi, private equity,en on è facile, teoricamen­te e praticamen­te, distinguer­e cosa in un bilancio sia frutto dell’innovazion­e e del lavoro di oggi e cosa della protezione delle ricchezze di ieri. Ma quandone i Cd a delle imprese si siedonotro­ppi rappresent­anti dei percettori di rendite, si perde progressiv­amente contatto con l’attività e con la vita concrete delle aziende, si perdono di vista i lavoratori, per non parlare del bene comune. Quindi, paradossal­mente,interpreta­ndolo spirito delle parole del Papa dovremmo direch el’ economia ha bisogno di più profitti, e dimeno rendite, incluse quella forma di rendita che sono i super stipendi del top management. E certamente ha bisogno di più salari, perché la redistribu­zione del reddito è troppo a svantaggio del lavoro.

Ritornerem­o a crescere, nell’ ambito economico e in quello civile e morale, se saremo capaci di dar vita a una distruzion­e creatrice delle molte forme di rendita che si sono moltiplica­te negli ultimi decenni. E quindi liberare e dare fiato a imprendito­ri, imprese, lavoro.

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