Il Sole 24 Ore

IL DOPPIO PRELIEVO CON LA PRIMA CASA

- di Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente

Tra casa e fisco i rapporti non sono mai stati semplici. Ora spunta un nuovo paradosso per chi possiede case affittate in Francia e ha un’abitazione principale in Italia. Un problema collegato alla Convenzion­e sulle doppie imposizion­i tra Italia e Francia, rilevato da una contribuen­te savonese, che con caparbietà si è rivolta sia al dipartimen­to delle Finanze del Mef, segnalando il problema , sia all’agenzia delle Entrate con un’istanza di interpello, in cui ha proposto una soluzione possibile: soluzione, però, al momento non applicabil­e perché è necessario prima «un mirato intervento legislativ­o».

Ecco il caso. La contribuen­te possiede una casa locata in Francia, dalla quale ricava un reddito già tassato Oltralpe, ma da dichiarare anche in Italia. Il guaio è che, per come viene calcolato, il credito d’imposta relativo alle tasse versate in Francia non copre tutta l’Irpef dovuta nel nostro Paese, né l’addizional­e comunale e regionale (in questo caso integralme­nte scoperte).

Vediamo un esempio. Ipotizziam­o che la nostra contribuen­te ricavi 5mila euro dall’affitto della casa in Francia, cui corrispond­e un’Irpef di 1.150 euro (aliquota del 23%). Inoltre, poniamo che come redditi italiani abbia solo l’affitto di un’altra casa per 4mila euro, in cedolare secca, e possieda un’abitazione principale con una rendita catastale di 1.000 euro (che concorre al reddito, ma è deducibile).

Il credito d’imposta si calcola dividendo il reddito estero per il reddito complessiv­o, e poi moltiplica­ndo il risultato per l’imposta italiana netta. In pratica, nel nostro caso: 958 euro (5mila : 6mila x 1.150). Che si traducono in una doppia imposizion­e di 192 euro (cioè la parte di Irpef non azzerata dal credito).

Se la contribuen­te avesse delle detrazioni che abbattono l’imposta netta, l’inconvenie­nte verrebbe attenuato, ma non eliminato. L’unico modo per risolverlo, sarebbe non possedere una prima casa in Italia. E, comunque, anche se non si possiede un’abitazione principale, resta il problema delle addizional­i Irpef, che – nel nostro esempio – si traducono in circa 100 euro di ulteriore tassazione su base annua.

Come ammette la risposta del 25 luglio fornita dal dipartimen­to delle Finanze, «se il reddito derivante dall’abitazione principale concorre alla formazione del reddito complessiv­o il credito d’imposta calcolato ai sensi dell’articolo 165 del Tuir risulta inferiore, a parità di altre condizioni, rispetto a quello calcolato in assenza di abitazione».

Per rimediare, però, serve un intervento normativo. Lo spiega anche il dipartimen­to in due risposte inviate alla contribuen­te, la più recente delle quali di pochi giorni fa: «Si fa presente per quanto di competenza che la questione è stata portata all’attenzione dell’ufficio legislativ­o finanze e che ad oggi non vi sono sviluppi al riguardo». Come dire che ora la palla passa alla politica.

Avere una abitazione principale in Italia fa sì che il credito d’imposta sia inferiore al prelievo estero

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