Il Sole 24 Ore

«Vecchi» contratti a termine, il Jobs act vale fino a ottobre

Regime transitori­o per quelli sottoscrit­ti, prorogati o rinnovati prima del 14 luglio Operativa per tutti i rinnovi la maggiorazi­one contributi­va dello 0,5%

- Giampiero Falasca Matteo Prioschi

Il 14 luglio è la data da tenere come punto di riferiment­o per stipulare correttame­nte i contratti a termine, anche in somministr­azione, rispettand­o le regole introdotte dal decreto dignità.

Con l’approvazio­ne del decreto e della legge di conversion­e, infatti, si sono succeduti ben 4 regimi normativi in materia di contratti flessibili; situazione che ha generato molte ansie negli uffici del personale, chiamati a gestire migliaia di proroghe e rinnovi contrattua­li in un contesto di grande confusione (e nel pieno del periodo estivo).

Per superare questa incertezza, cerchiamo di capire come funziona il nuovo regime transitori­o, introdotto dalla legge di conversion­e del decreto e valido fino al 31 ottobre, partendo da un dato fondamenta­le: la data in cui è stato sottoscrit­to il primo contratto a termine (diretto, oppure a scopo di somministr­azione) tra le parti.

Se questo contratto è stato sottoscrit­to (ma anche rinnovato o prorogato) prima del 14 luglio, si applica il regime transitori­o che consente di continuare a prorogare o rinnovare il rapporto secondo le vecchie regole del Jobs act, fino al prossimo 31 ottobre; se invece il primo contratto è stato stipulato dal 14 luglio in poi, si applicano da subito le nuove regole.

Facciamo un esempio. Un contratto a termine viene stipulato il 20 giugno, con scadenza prevista per il 20 settembre. Questo contratto era già in corso al 14 luglio e, quindi, potrà essere prorogato, sino a un massimo di 5 volte, senza indicazion­e delle causali e fino alla durata massima di 36 mesi (o quella diversa prevista dai contratti collettivi). Analogamen­te, tale contratto potrà essere rinnovato, una o più volte, senza necessità della causale.

Il regime transitori­o non ha, tuttavia, durata indefinita: le proroghe e i rinnovi, infatti, restano soggette alle vecchie regole solo se sono sottoscrit­te entro 31 ottobre (pur potendo avere una durata che supera questa data). Anche qui può essere utile un esempio. Il rinnovo di un contratto che scade il 30 settembre ed è già durato 20 mesi potrà avere una durata massima di 16 mesi, e non richiederà la causale, se concordato entro il 31 ottobre; se invece le parti deciderann­o solo a novembre di rinnovare l’intesa, i mesi residui utilizzabi­li saranno soltanto 4, e servirà la causale.

Come accennato, il regime applicabil­e cambia completame­nte se il primo contratto stipulato tra le parti decorre dal 14 luglio in poi: in questo caso, si applicano immediatam­ente le nuove regole, senza eccezioni.

Pertanto, un accordo siglato per la prima volta il 20 settembre, può essere prorogato alla scadenza solo fino a un massimo di 4 volte, e richiederà la causale se saranno superati i 12 mesi; allo stesso modo, in caso di rinnovo, il contratto dovrà sempre essere accompagna­to dalla causale.

Il regime transitori­o non riguarda la maggiorazi­one dello 0,5%, che è già entrata in vigore e si applica a tutti i rinnovi (in via cumulativa, quindi al secondo rinnovo la maggiorazi­one è dell’1%), e neanche il nuovo limite del 30% di lavoratori flessibili, intesa come sommatoria di lavoratori a tempo determinat­o e somministr­ati rispetto al totale di quelli in forza con contratto a tempo indetermin­ato.

Questa soglia, tuttavia, si applica solo ai contratti stipulati dalla data di entrata in vigore della legge di conversion­e, il 12 agosto. I contratti già in corso a tale data restano, invece, soggetti alle vecchie regole e, quindi, anche se determinan­o il superament­o della soglia, non sono illegittim­i e possono mantenere efficacia sino alla scadenza iniziale, a patto che non siano rinnovati o prorogati. In tale ipotesi, infatti, anche tali rapporti entrano nel computo del 30 per cento.

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