Bce e Ue: ora sui conti dell’Italia servono fatti
Draghi: danni dalle parole del Governo sui vincoli Ue Aspettiamo la manovra Moscovici: Roma è un problema nella zona euro Il bilancio sia credibile Il Governo lavora ai tagli ma la correzione di spesa si ferma a 4-5 miliardi
«Negli ultimi mesi le parole sono cambiate molte volte e quello che ora aspettiamo sono i fatti, principalmente la legge di bilancio e la discussione parlamentare». Lo ha detto il presidente Bce Draghi, riferendosi all’Italia e alle dichiarazioni che hanno fatto impennare lo spread. «Purtroppo - ha aggiunto - abbiamo visto che le parole hanno fatto alcuni danni, i tassi sono saliti, per le famiglie e le imprese». Un monito che si è aggiunto alle osservazioni arrivate dalla Ue. Prima il commissario Oettinger: «Non credo che sia buona cosa far salire ancora il debito» ha detto a Roma dove è stato ascoltato in Parlamento sul prossimo bilancio Ue. Poi Moscovici, da Parigi, ha affermato che nell’eurozona «c’è un problema, che è l’Italia» e ha chiesto che il Paese sia «credibile sul bilancio». Aggiungendo che in Europa oggi «c’è un clima da anni '30: non c’è Hitler, forse dei piccoli Mussolini». Gaffe che ha suscitato la reazione dei ministri Di Maio («non si permetta») e Salvini («si sciaqui la bocca»). Fonti Ue hanno poi ridimensionato le affermazioni di Moscovici.
Sul fronte manovra resta alta la tensione nel governo. La frenata della produzione industriale sparge nuove incognite sul quadro di finanza pubblica. E sono fitti gli interrogativi anche sul lato delle coperture: i tagli alla spesa e alle agevolazioni fiscali per ora individuati non arrivano a 4-5 miliardi.
La frenata della produzione industriale ha sparso nuove incognite sul complicato lavoro di costruzione del quadro di finanza pubblica. Ma gli interrogativi restano fitti anche sul lato delle risorse proprie da trovare per far quadrare i conti. Anche perché all’interno dei tagli alla spesa e alle agevolazioni fiscali, cioè le due voci principali per dare benzina alla legge di bilancio, sarebbero per ora stati individuati interventi che non arrivano a 4-5 miliardi.
La tensione che rimane alta nel governo, anche se tutti i ministri interessati continuano a ribadire che non esiste nessuna frattura con Tria, dipende proprio da questo. La quadratura del cerchio, su cui ieri sera non ci sarebbero stati focus particolari in coda al consiglio dei ministri dopo aver ottenuto la sua prima fiducia alla Camera sul Milleproroghe con 329 voti a favore, si gioca prima di tutto sulla possibilità di mettere in calendario per l’anno prossimo una crescita un po’ più alta di quella prevista dagli ultimi report internazionali. Con il più 1,1% calcolato dalla commissione Europea e dall’Ocse, per esempio, diventa complicato fissare un deficit programmatico che riesca a non peggiorare il quadro 2018 senza sacrificare larga parte delle misure chiave del contratto di governo. E la strada sarebbe ancora più in salita con l’1% di crescita previsto invece da Fmi e Bankitalia.
Anche per questo nell’ottica di Tria, che ieri ha incassato l’appoggio sia di Draghi sia di Moscovici, contro il quale si sono invece scagliati Salvini e Di Maio evitando però di porre ufficialmente il caso in Cdm, il primo compito della legge di bilancio è rialzare la crescita italiana smarcandola un po’ dall’aggancio alla frenata continentale. Serve al Paese, sostiene il titolare dell’Economia ogni volta che può, ma serve anche alla Nota di aggiornamento al Def. A spiegarlo sono i numeri. La manovra parte dai 15-16 miliardi necessari a bloccare gli aumenti Iva e a finanziare le spese obbligatorie. Ci sono poi da mettere in conto, al netto di improbabili frenate in extremis, circa 4 miliardi (2 decimali di Pil) di spese aggiuntive per gli interessi sui titoli di Stato, e resta tutta da capire la sorte dei 5 miliardi abbondanti di privatizzazioni già inserite nei tendenziali 2019 (quelle di quest’anno, ancora una volta, non si sono tradotte in pratica).
Sull’altro piatto della bilancia la voce più importante è attesa anche quest’anno da Bruxelles. Il ministero dell’Economia punta a ottenere il via libera a un miglioramento «leggero», intorno allo 0,1%, del deficit strutturale, che si tradurrebbe in circa 10 miliardi di spazi aggiuntivi rispetto alla correzione dello 0,6% del Pil (11 miliardi) scritta nei tendenziali. Il raffreddamento dell’economia cambia però anche i calcoli sulla «crescita potenziale» (output gap), con la conseguenza che la dote potrebbe essere anche un po’ più larga. A livello di nominale, un risultato del genere nel confronto con Bruxelles si tradurrebbe in un deficit fra l’1,6 e l’1,8% (il dato definitivo dipenderà anche dalle cifre finali sul 2018).
In un quadro come questo, la base per lavorare su fisco, pensioni e reddito di cittadinanza non andrebbe oltre i 10-12 miliardi complessivi. Ad assorbirne 5 è sufficiente il pacchetto fiscale targato Lega, con l’estensione delle soglie di fatturato per il forfait al 15%, il taglio Ires sugli utili reinvestiti e una possibile limatura dell’aliquota Irpef più bassa (dal 23% al 22%). Una parte della copertura è attesa dalla pace fiscale, che però rappresenta un’una tantum e quindi è esclusa dai calcoli strutturali. L’esperienza insegna che l’Italia potrebbe provare a convincere la commissione su un parziale effetto strutturale della misura; ma la stessa esperienza, per esempio quella recente della voluntary, mostra che questi tentativi non ottengono troppo successo.
Per non superare quota 4-4,5 miliardi, il reddito di cittadinanza spinto dai Cinque Stelle dovrebbe invece limitarsi ai suoi capitoli iniziali, composti dall’aumento delle pensioni minime e dalla riforma dei centri per l’impiego. Proprio su questa bandiera i rapporti fra il Movimento e il Tesoro continuano a essere complicati. «Con Giovanni Tria non c’è alcuna divisione – giura Di Maio –, lavoriamo tutti insieme per trovare le soluzioni necessarie». «Ma se salta il reddito di cittadinanza – avverte in contemporanea la ministra per il Sud Barbara Lezzi – non è il ministero dell’Economia ad avere problemi, ma tutto il governo». Nei progetti a Cinque Stelle una quota consistente delle coperture dovrebbe arrivare dal taglio agli sconti fiscali, che però sta incontrando le stesse difficoltà degli anni scorsi e difficilmente potrà superare gli 1-2 miliardi.
Ma il mancato avvio della Flat Tax rende prioritario per la Lega il via a una «quota 100» pensionistica per tutti gli over 62. Costo: 7 miliardi per il Carroccio e almeno 13 secondo il centro Studi Tabula.