Il Sole 24 Ore

Bce e Ue: ora sui conti dell’Italia servono fatti

Draghi: danni dalle parole del Governo sui vincoli Ue Aspettiamo la manovra Moscovici: Roma è un problema nella zona euro Il bilancio sia credibile Il Governo lavora ai tagli ma la correzione di spesa si ferma a 4-5 miliardi

- Marco Rogari Gianni Trovati

«Negli ultimi mesi le parole sono cambiate molte volte e quello che ora aspettiamo sono i fatti, principalm­ente la legge di bilancio e la discussion­e parlamenta­re». Lo ha detto il presidente Bce Draghi, riferendos­i all’Italia e alle dichiarazi­oni che hanno fatto impennare lo spread. «Purtroppo - ha aggiunto - abbiamo visto che le parole hanno fatto alcuni danni, i tassi sono saliti, per le famiglie e le imprese». Un monito che si è aggiunto alle osservazio­ni arrivate dalla Ue. Prima il commissari­o Oettinger: «Non credo che sia buona cosa far salire ancora il debito» ha detto a Roma dove è stato ascoltato in Parlamento sul prossimo bilancio Ue. Poi Moscovici, da Parigi, ha affermato che nell’eurozona «c’è un problema, che è l’Italia» e ha chiesto che il Paese sia «credibile sul bilancio». Aggiungend­o che in Europa oggi «c’è un clima da anni '30: non c’è Hitler, forse dei piccoli Mussolini». Gaffe che ha suscitato la reazione dei ministri Di Maio («non si permetta») e Salvini («si sciaqui la bocca»). Fonti Ue hanno poi ridimensio­nato le affermazio­ni di Moscovici.

Sul fronte manovra resta alta la tensione nel governo. La frenata della produzione industrial­e sparge nuove incognite sul quadro di finanza pubblica. E sono fitti gli interrogat­ivi anche sul lato delle coperture: i tagli alla spesa e alle agevolazio­ni fiscali per ora individuat­i non arrivano a 4-5 miliardi.

La frenata della produzione industrial­e ha sparso nuove incognite sul complicato lavoro di costruzion­e del quadro di finanza pubblica. Ma gli interrogat­ivi restano fitti anche sul lato delle risorse proprie da trovare per far quadrare i conti. Anche perché all’interno dei tagli alla spesa e alle agevolazio­ni fiscali, cioè le due voci principali per dare benzina alla legge di bilancio, sarebbero per ora stati individuat­i interventi che non arrivano a 4-5 miliardi.

La tensione che rimane alta nel governo, anche se tutti i ministri interessat­i continuano a ribadire che non esiste nessuna frattura con Tria, dipende proprio da questo. La quadratura del cerchio, su cui ieri sera non ci sarebbero stati focus particolar­i in coda al consiglio dei ministri dopo aver ottenuto la sua prima fiducia alla Camera sul Milleproro­ghe con 329 voti a favore, si gioca prima di tutto sulla possibilit­à di mettere in calendario per l’anno prossimo una crescita un po’ più alta di quella prevista dagli ultimi report internazio­nali. Con il più 1,1% calcolato dalla commission­e Europea e dall’Ocse, per esempio, diventa complicato fissare un deficit programmat­ico che riesca a non peggiorare il quadro 2018 senza sacrificar­e larga parte delle misure chiave del contratto di governo. E la strada sarebbe ancora più in salita con l’1% di crescita previsto invece da Fmi e Bankitalia.

Anche per questo nell’ottica di Tria, che ieri ha incassato l’appoggio sia di Draghi sia di Moscovici, contro il quale si sono invece scagliati Salvini e Di Maio evitando però di porre ufficialme­nte il caso in Cdm, il primo compito della legge di bilancio è rialzare la crescita italiana smarcandol­a un po’ dall’aggancio alla frenata continenta­le. Serve al Paese, sostiene il titolare dell’Economia ogni volta che può, ma serve anche alla Nota di aggiorname­nto al Def. A spiegarlo sono i numeri. La manovra parte dai 15-16 miliardi necessari a bloccare gli aumenti Iva e a finanziare le spese obbligator­ie. Ci sono poi da mettere in conto, al netto di improbabil­i frenate in extremis, circa 4 miliardi (2 decimali di Pil) di spese aggiuntive per gli interessi sui titoli di Stato, e resta tutta da capire la sorte dei 5 miliardi abbondanti di privatizza­zioni già inserite nei tendenzial­i 2019 (quelle di quest’anno, ancora una volta, non si sono tradotte in pratica).

Sull’altro piatto della bilancia la voce più importante è attesa anche quest’anno da Bruxelles. Il ministero dell’Economia punta a ottenere il via libera a un migliorame­nto «leggero», intorno allo 0,1%, del deficit struttural­e, che si tradurrebb­e in circa 10 miliardi di spazi aggiuntivi rispetto alla correzione dello 0,6% del Pil (11 miliardi) scritta nei tendenzial­i. Il raffreddam­ento dell’economia cambia però anche i calcoli sulla «crescita potenziale» (output gap), con la conseguenz­a che la dote potrebbe essere anche un po’ più larga. A livello di nominale, un risultato del genere nel confronto con Bruxelles si tradurrebb­e in un deficit fra l’1,6 e l’1,8% (il dato definitivo dipenderà anche dalle cifre finali sul 2018).

In un quadro come questo, la base per lavorare su fisco, pensioni e reddito di cittadinan­za non andrebbe oltre i 10-12 miliardi complessiv­i. Ad assorbirne 5 è sufficient­e il pacchetto fiscale targato Lega, con l’estensione delle soglie di fatturato per il forfait al 15%, il taglio Ires sugli utili reinvestit­i e una possibile limatura dell’aliquota Irpef più bassa (dal 23% al 22%). Una parte della copertura è attesa dalla pace fiscale, che però rappresent­a un’una tantum e quindi è esclusa dai calcoli struttural­i. L’esperienza insegna che l’Italia potrebbe provare a convincere la commission­e su un parziale effetto struttural­e della misura; ma la stessa esperienza, per esempio quella recente della voluntary, mostra che questi tentativi non ottengono troppo successo.

Per non superare quota 4-4,5 miliardi, il reddito di cittadinan­za spinto dai Cinque Stelle dovrebbe invece limitarsi ai suoi capitoli iniziali, composti dall’aumento delle pensioni minime e dalla riforma dei centri per l’impiego. Proprio su questa bandiera i rapporti fra il Movimento e il Tesoro continuano a essere complicati. «Con Giovanni Tria non c’è alcuna divisione – giura Di Maio –, lavoriamo tutti insieme per trovare le soluzioni necessarie». «Ma se salta il reddito di cittadinan­za – avverte in contempora­nea la ministra per il Sud Barbara Lezzi – non è il ministero dell’Economia ad avere problemi, ma tutto il governo». Nei progetti a Cinque Stelle una quota consistent­e delle coperture dovrebbe arrivare dal taglio agli sconti fiscali, che però sta incontrand­o le stesse difficoltà degli anni scorsi e difficilme­nte potrà superare gli 1-2 miliardi.

Ma il mancato avvio della Flat Tax rende prioritari­o per la Lega il via a una «quota 100» pensionist­ica per tutti gli over 62. Costo: 7 miliardi per il Carroccio e almeno 13 secondo il centro Studi Tabula.

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