Il Sole 24 Ore

Milano vuole il Tribunale europeo dei brevetti

L’idea nasce dall’Ordine degli avvocati e viene presentata oggi In discussion­e è la sede di Londra: le altre corti sono a Parigi e Monaco di Baviera

- Laura Cavestri

Dopo la delusione Ema, Milano ci riprova e si candida ad ospitare una delle tre sedi principali del Tribunale europeo unificato dei brevetti, al posto di Londra. Le altre due sono a Monaco di Baviera e Parigi. Non ci sono però le stesse aspettativ­e di business promesse da Ema.

«Ma Le pare logico che due aziende europee debbano andare a in causa per un brevetto a Londra, per farsi applicare il diritto Ue in un Paese che dalla Ue – proprio per non doverne applicare le regole – ha scelto di uscire?». La domanda del presidente degli avvocati di Milano, Remo Danovi, sembra avere una risposta ovvia.

Milano si candida ufficialme­nte ad ospitare una sezione del Tribunale unificato dei brevetti. Con cautela – dopo la delusione dell’Ema (la European medical Agency assegnata, alla fine, ad Amsterdam) – e senza le aspettativ­e di business miliardari­o (350 milioni di giro d’affari l’anno contro 1,7 miliardi) che l’Agenzia europea per il farmaco era in grado di promettere.

Tuttavia, questa mattina a Milano, nell’Aula magna del Palazzo di Giustizia di via Freguglia – di fronte a una platea internazio­nale convocata sul tema – Danovi chiederà alle istituzion­i (locali e nazionali) di lavorare insieme perchè l’Italia non sia solo sede di una delle tante corti “regionali” sparse che potranno occuparsi di controvers­ie brevettual­i tra Stati. Ma che alla città possa essere assegnata una delle sedi principali, quella che dovrebbe nascere a Londra (le altre sono a Monaco di Baviera e Parigi) e che una hard Brexit renderebbe difficilme­nte compatibil­e. Insomma, serve anche che Palazzo Chigi e la Farnesina scendano in campo in modo convinto. E una sede sarebbe già pronta,: gli uffici al secondo piano di via San Barnaba 50, che già ospita diverse sezioni del Tribunale di Milano.

Brevetto unitario e Corte Ue

Oggi esiste già un brevetto europeo. L’azienda manda una domanda sola (in inglese, francese o tedesco) all’Epo (l’ente europeo dei brevetti) e specifica per quali Paesi intende attivare la copertura IP (solitament­e Germania, Francia, Regno Unito...). Più Paesi include e più si paga. Ma in caso di contenzios­o si fa riferiment­o ai tribunali nazionali e l’azienda italiana che si trova a doversi tutelare a Monaco, a Praga o Parigi deve affidarsi alle locali giurisdizi­oni.

Il brevetto unitario prevede, invece, che con una sola procedura e un solo pagamento (scontato rispetto ad ora), la copertura brevettual­e scatti automatica­mente in tutti gli Stati Ue aderenti (solo la Spagna, per ora, resta fuori).

A questo “strumento” si affiancher­à il Tribunale per il brevetto unitario (Tub), foro sovranazio­nale specializz­ato nelle controvers­ie in materia di brevetti. La Corte di I istanza avrà una sezione centrale a Parigi e quelle “specializz­ate” a Londra (brevetti farmaceuti­ci) e Monaco (meccanica). Oltre a numerose corti regionali (aree baltico-scandinava, Est Europa e greco-balcanica) e locali (tra cui quella di Milano).

Quando entreranno in vigore?

Il sistema entra in vigore solo dopo la ratifica di almeno 13 Stati Ue, tra cui Germania, Francia e Gran Bretagna. E ci siamo. Se la Corte costituzio­nale tedesca rigetterà, entro fine anno, un ricorso presentato, tutte le condizioni saranno soddisfatt­e e si potrà partire.

La “fretta” con cui Londra, in questi mesi, ha voluto ratificare l’adesione va nella direzione di tenere un piede dentro alla Ue. Ma siccome il diritto che si applicherà alle cause di proprietà intellettu­ale sarà esclusivam­ente quello Ue, resta il paradosso di vedere una Corte europea su territorio britannico che dovrà applicare regole alle quali lo stesso Stato “ospite” ha deciso di sottrarsi.

A complicare il quadro è il fatto che l’Epo, l’Ufficio europeo per i brevetti, non è un’agenzia europea, come l’Ema. Ma nasce sulla base di un accordo internazio­nale tra Stati europei. Quindi, non lo si può trasferire come fatto con l’Ema. Sono gli Stati europei – a livello di governi – che devono decidere come procedere.

Significa che se la Gran Bretagna uscirà dal mercato unico, potrà continuare a essere membro dell’Epo, ma non potrà avvalersi della “corsia preferenzi­ale” che il brevetto unitario mette a disposizio­ne degli Stati membri, nè ospitarne la corte.

Il sostegno «trasversal­e»

Il sostegno c’è sempre stato. Un po’ sottotracc­ia, soprattutt­o dopo la “batosta” dell’Ema. Un anno fa il sidaco di Milano e l’allora governator­e della Lombardia, Roberto Maroni, avevano condiviso la linea di chiedere a Palazzo Chigi una via preferenzi­ale per Milano. Amarzo 2017 il Consiglio regionale aveva anche approvato una risoluzion­e a sostegno della candidatur­a di Milano.

«Sosteniamo appieno l’iniziativa – ha detto Massimo Scaccabaro­zzi, presidente di Farmindust­ria –. L’anno scorso l’Italia è stato il Paese Ue con il maggiore incremento didomande di brevetto in Europa: + 4,3% (sul 2,6% della media Ue). Solo quelle del farmaceuti­co “Made in Italy” hanno avuto un’impennata del +18 per cento. Abbiamo le carte in regola».

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