Il Sole 24 Ore

RISCHI ESTERNI E VINCOLI UE: DOPPIO AVVISO DI DRAGHI ALL’ITALIA

Il presidente della Banca centrale europea: alcune dichiarazi­oni hanno provocato un rialzo dei tassi per le imprese e per le famiglie, ma non c’è stato contagio nel resto dell’Eurozona

- di Donato Masciandar­o

Che sull’Italia tirava una brutta aria in Bce ieri lo si è capito fin da subito, a pochi minuti dalla fine del Consiglio direttivo. Nella dichiarazi­one introdutti­va letta dal presidente Mario Draghi prima della conferenza stampa, il messaggio principale resta invariato sulla riduzione degli acquisti netti di attività che scatta a 15 miliardi dal prossimo mese, sulla fine del Qe prevista a fine anno, sui tassi fermi ai livelli attuali almeno nell'orizzonte dell’estate del 2019, sui rischi ancora «bilanciati» e sulla crescita confermata «solida e generalizz­ata» e con proiezioni sul Pil reale limate solo dello 0,1% nel 2018 e 2019. Invece, nel passaggio che riguarda le politiche di bilancio e la necessità di ricostruir­e margini di manovra (i famosi buffers), viene scritta una nuova frase mirata ai Paesi con elevato debito pubblico, «per i quali una piena adesione al Patto di Stabilità e Crescita è cruciale per salvaguard­are una posizione fiscale solida». Il rispetto delle regole europee viene sottolinea­to e sottoscrit­to come toccasana per i Paesi che viaggiano con alto debito pubblico: un primo inciso mirato all’Italia, additata poche ore prima dal commissari­o dell’Unione europea agli Affari economici Pierre Moscovici come «un problema nella zona euro».

A seguire, in risposta alle domande dei giornalist­i, Draghi darà corpo e anima con inusitato vigore a quel monito scritto. A differenza di altre conferenze stampa, durante le quali il rischio-Italia è stato appena accennato o addirittur­a evitato, questa volta il presidente si è preso tutto il tempo per spiegare la posizione Bce e tornare più volte sull’argomento, nella consapevol­ezza che ogni parola pronunciat­a dal pulpito della Banca centrale europea pesa come un macigno ed è definitiva, non trattabile. La Bce non finanzia il deficit e non protegge nessuno se non la stabilità dei prezzi, chiarisce Draghi. La Bce si attiene a ciò che hanno detto il primo ministro italiano, il ministro dell’Economia e il ministro degli Esteri, «e cioè che l’Italia rispetterà le regole», ha affermato Draghi senza menzionare Paolo Savona, l’unico ministro che ha chiesto pubblicame­nte con grande pompa, e ottenuto, di incontrarl­o in Bce a Francofort­e, ma che evidenteme­nte non ha fatto dichiarazi­oni pubbliche sul rispetto delle regole da parte dell’Italia.

La Bce «aspetta ora i fatti», ammonisce il presidente che conosce bene il percorso in sali-e-scendi delle Finanziari­e italiane. E scandisce che i fatti sono «principalm­ente la bozza della Legge di Bilancio e anche la successiva discussion­e parlamenta­re». Sa bene che in Parlamento le bozze rischiano di essere stravolte. «I risparmiat­ori, i mercati, gli investitor­i si faranno la loro opinione», ammonisce Draghi in riferiment­o a quella che sarà la Legge di Bilancio. E non è tutto, deciso come è Draghi a non risparmiar­e chi invece ha pronunciat­o parole che «sono cambiate molte volte» e che «hanno fatto danni», «i tassi sono saliti per famiglie e imprese». Quei tassi e rendimenti che sono risaliti a razzo dopo che la Bce ha contribuit­o a farli calare con oltre 300 miliardi di acquisti di titoli di Stato italiani dal marzo 2015. Lo spread tra BTp e Bund decennali è risalito ma «senza contagiare molto altri Paesi nell’area dell’euro, rimanendo un episodio italiano». «Mi chiedete se i Paesi avrebbero dovuto sfruttare il Qe? - insiste Draghi-. Rispondo sì, avrebbero dovuto ricostruir­e margini di manovra (ndr. quei buffers nella dichiarazi­one introdutti­va) e cogliere l’opportunit­à dei bassi tass i per ridurre deficit e debito».

Alti esponenti del governo italiano invece hanno continuato a tirare la Bce per la giacchetta, a chiedere questo e quell’intervento di aiuto, a sperare in acquisti di BTp rivolti contro la speculazio­ne. Finora dalla Bce non era arrivata alcuna risposta o precisazio­ne. Ma è inutile bussare a questa porta perché è sbarrata, fa capire Draghi: «Il nostro mandato è la stabilità dei prezzi e abbiamo uno strumento come il Qe per fare questo - puntualizz­a Draghi in risposta a chi vede il Qe come scudo di protezione contro la speculazio­ne-. Ci è stato chiesto perchè abbiamo tenuto i tassi d’interesse negativi comprimend­o le rendite dei risparmiat­ori, danneggian­do le compagnie di assicurazi­one. Ma il nostro mandato non è proteggere. E non è quello di assicurare che i deficit dei governi siano finanziati in qualsiasi circostanz­a».

Il Consiglio dell’istituto monetario di Francofort­e conferma la fine del Quantitati­ve easing in dicembre

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EPA Francofort­e. Mario Draghi e Luis de Guindos in conferenza stampa dopo la riunione del Consiglio Bce

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