Con Bruxelles la carta della crescita «potenziale»
Stretti dai vincoli di bilancio, in aperta competizione su come e dove ripartire gli spazi di bilancio per onorare gli impegni assunti con gli elettori, con i mercati e l’Europa in agguato – come mostra la dura replica alle affermazioni di ieri del commissario Ue Pierre Moscovici - i due azionisti di maggioranza del governo Matteo Salvini e Luigi Di Maio cercano dei varchi per incrementare la dote della manovra. In ballo, reddito e pensione di cittadinanza, primo avvio della flat tax, revisione della legge Fornero, neutralizzazione delle clausole Iva. Un mix di interventi cui vanno ad aggiungersi le misure “espansive” allo studio, tra cui la proroga del “super”, “iperammortamento” e il taglio del cuneo fiscale mirato alle imprese più innovative. Una strada potrebbe aprirsi nella quantificazione dell’effetto sul Pil, in termini di maggiore crescita potenziale, delle misure da inserire nella legge di Bilancio di metà ottobre. Confronto aperto anche su questo punto con Tria, che con la Nota di aggiornamento al Def in arrivo per fine mese dovrà indicare i nuovi target per il prossimo triennio. Per quest’anno, la partita è chiusa: si va verso una crescita nei dintorni dell’1,1-1,2%, lo 0,30,4% in meno della stima contenuta nel Def di aprile. Il rallentamento è in atto, come mostra il dato diffuso due giorni fa dall’Istat sulla produzione industriale a luglio. Quanto al deficit 2018, si oscilla attorno all’1,8 per cento. Il punto interrogativo riguarda il 2019. Rispetto a un tendenziale di crescita dell’1,1% si potrebbe elevare l’asticella attorno all’1,41,5%, incorporando dunque l’effetto congiunto della manovra fiscale, e dell’impatto sui consumi da ascrivere alla neutralizzazione delle clausole Iva. Combinando il tutto con reddito di cittadinanza e revisione della legge Fornero. Se questo scenario fosse ritenuto credibile da Bruxelles e dai mercati, si potrebbe agire sul Pil potenziale, variabile decisiva perché è proprio su questo target che viene fissato il livello del deficit strutturale da conseguire nel prossimo anno. Percorso non agevole, poiché da anni i tecnici dell'Economia si confrontano con gli omologhi della Commissione per provare a modificare l'insieme delle componenti che determinano la deviazione percentuale del prodotto effettivo rispetto al potenziale. Confronto tutto tecnico-contabile, ma con risvolti di policy assolutamente evidenti. Indicatore discutibile, frutto di un calcolo che finora ha sottostimato il Pil potenziale con il risultato di imporre disavanzi strutturali troppo elevati, che a loro volta si traducono in correzioni di bilancio eccessive. E su questo si potrebbe provare ad agire. Con quale risultato? Mantenendo allo 0,1% la riduzione del deficit strutturale (contro lo 0,6% previsto dalle regole europee), si potrebbero liberare risorse aggiuntive. Difficile, se non impossibile, raggiungere i 10 miliardi che da soli – secondo la richiesta che va emergendo da parte del M5S – dovrebbero finanziare il reddito di cittadinanza. E tuttavia con l’effetto-crescita – anch’esso non privo di un’incerta quantificazione - si potrebbe arrivare a un mix che, senza compromettere la tenuta dei conti pubblici, possa onorare almeno in parte le misure contenute nel contratto di programma.