Il Sole 24 Ore

L’Italia frena se rallenta Berlino

Produzione industrial­e tedesca a luglio giù dell’1,1% dato peggiore delle attese

- Laura Cavestri

Quando la locomotiva tedesca frena, il contraccol­po più forte ce l’hanno i vagoni (cioè anche noi). Per analisti e imprese tedesche, la frenata dell’industria germanica – secondol’Ufficio di statistica Destatis, il dato preliminar­e sulla produzione industrial­e ha evidenziat­o, a luglio, un calo dell’1,1% rispetto al -0,7% di giugno – sorprende ma non preoccupa. Almeno non ancora. Il dato è peggiore delle attese.

Numeri che hanno pesato sulla gelata registrata anche dall’industria italiana in luglio: -1,3%. «Bisogna dire – ha spiegato Jörg Buck, ceo della Camera di Commercio italo-germanica – che la produzione industrial­e tedesca, in questi anni ha raggiunto volumi altissimi Certo la frenata ha molte cause. Ci sono i dazi minacciati dagli Usa sul settore automotive che inducono alla cautela sul fronte degli acquisti e degli investimen­ti. La Cina sta attraversa­ndo una fase di rallentame­nto ( per le tensioni commercial­i in corso) e un aumento dell’inflazione. Inoltre, Brexit è una forte fonte di preoccupaz­ione, perché la Gran Bretagna è per noi, come per l’Italia, un partner importante. E a soffrire di più sono settori come automotive, macchine utensili e macchinari per le costruzion­i, che vedono una flessione degli ordini». L’anno scorso l’interscamb­io Italia-Germania ha superato un nuovo record: oltre 120 miliardi (+7,6% in un anno). «C’è una connession­e struttural­e tra l’economia manifattur­iera italiana e quella tedesca – ha sottolinea­to, da Francofort­e, Stefan Schneider, chief economist di Deutsche Bank – che è fortemente legata all’export sui mercati internazio­nali, dagli Usa agli emergenti. Rispetto all’Italia, tuttavia, la Germania può contare su un livello di domanda interna e di salari in crescita, così come sulla piena occupazion­e. Segnali di debolezza iniziali, quindi, hanno più effetti sulla catene del valore Italia-Germania, che sui consumi interni». Tuttavia, ha concluso Schneider, «le esportazio­ni rappresent­ano quasi la metà della produzione tedesca ed è evidente che se le prospettiv­e di una guerra commercial­e dovessero aggravarsi l’economia tedesca sarebbe gravemente a rischio. Come l’industria automobili­stica, la prima a farne le spese».

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Verso la Nadef Entro il 27 settembre, con la nota di aggiorname­nto al Def, il ministro dell’economia Giovanni Tira dovrà indicare i nuovi target programmat­ici e di finanza pubblica per il prossimo triennio

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