«Meno tasse e sostegno ai più deboli per ripartire»
I timori di Lega e M5S: il rischio è lo stop del Pil dopo il calo dell’industria
La principale preoccupazione ora è che la brusca frenata della produzione industriale possa riflettersi sul Pil . «Purtroppo non è stata una sorpresa perchè favorita da un contesto generale, a partire dalla scelta dei dazi imposta dal presidente Usa Donald Trump, ma anche dalle mancate scelte dei precedenti esecutivi che ci hanno consegnato il Paese non certo in buona salute», spiega Dario Galli, sottosegretario della Lega al ministero dello Sviluppo guidato da Luigi Di Maio ma anche imprenditore manifatturiero. «Siamo convinti che gli effetti prodotti dalla manovra di Bilancio che stiamo per presentare consentiranno di accelerare l’inversione di rotta. In prima battuta - spiega - rilanciando i consumi interni, attraverso una riduzione della pressione fiscale parallelamente al sostegno alle fasce più deboli . Ma l’obiettivo è intervenire sui costi di produzione e quindi sul cuneo fiscale e la bolletta energetica». La legge di Bilancio assicura il sottosgretario - «non è una manovra elettorale per i prossimi 6 mesi ma interviene nell’arco di un triennio e su questo va misurata». Ragionamento ribadito anche dal presidente della commissione Industria del Senato, il pentastellato Gianni Girotto, che conferma sia «le misure previste dal Industria 4.0 che la stabilizzazione dell’ecobonus tanto per la riqualificazione energetica che per la prevenzione sismica». Un pacchetto di interventi che - assicura Girotto favorirà la ripartenza di tutto il comparto edile che «in Italia è da sempre determinante per favorire la crescita».
Interventi che tuttavia difficilmente possono incidere sul rilancio della produzione industriale legata principalmente all’export. «È ovvio che se noi potessimo contare su un cuneo fiscale più leggero e una bolletta energetica come quella svizzera , dazi o non dazi potremmo essere molto più competitivi», aggiunge Galli che sottolinea come la decisione statunitense sta spingendo la Cina a puntare molto di più sul mercato europeo mettendo in difficoltà anzitutto i Paesi da sempre leader nell’export, ovvero la Germania e l’Italia. «A questo si aggiunge la necessità di intervenire con equlibrio, tenedo conto di quelli che sono gli impegni con la Ue che noi intendiamo onorare nonostante altri, a partire da Germania e Francia quando gli è convenuto, hanno sforato i parametri».
«Non va sottovalutata inoltre la frenata dell’automotive che è stata il traino della ripresa e che ha subito una battuta d’arresto contestualmente alla crescita sensibile del prezzo di petrolio e gas da cui dipendiamo», insiste anche Girotto.
Ma l’opposizione attacca. «Il dato sulla produzione industriale è un ulteriore tassello alla conferma che, già quest’anno, avremo un Pil molto più vicino all’1% che all’obiettivo dell’1,5% previsto dal precedente Governo nel Def di aprile, con inevitabile trascinamento negativo sul 2019», sentenzia il forzista Renato Brunetta, che accusa l’attuale esecutivo non solo di non aver arginato la discesa «ma di averla accelerata con provvedimenti come il decreto dignità».