Il Sole 24 Ore

Precari, deroga ai tetti per far partire tutte le stabilizza­zioni

Gli «integrativ­i» dei nuovi ingressi non assorbiran­no i fondi di chi è in organico

- —G.Tr.

Il disegno di legge sulla Pa avviato ieri dal consiglio dei ministri punta a far partire del tutto la stabilizza­zione di circa 50mila precari in tre anni avviata con la riforma Madia, e inciampata in un botta e risposta infinito fra il governo Gentiloni e la Corte dei conti. La conseguenz­a sarà la possibilit­à di dare il posto fisso anche ai precari che soprattutt­o nelle università, negli enti di ricerca e nella sanità erano rimasti impigliati in uno sfortunato intreccio di regole. Ma già che c’è, la norma punta a risolvere anche la questione degli aumenti contrattua­li per chi nelle Pa già lavora, e che senza correttivi rischiano di complicare parecchio la gestione delle parti accessorie dello stipendio.

Il problema, come spesso capita nel dedalo delle regole sul lavoro pubblico, nasce da un incrocio sfortunato fra due norme, entrambe scritte nella riforma dell’anno scorso. La prima congela ai livelli del 2016 il fondo accessorio, quello con cui ogni amministra­zione finanzia le voci dello stipendio che non rientrano nella parte fissa (tabellare in primis). La seconda è quella che lancia la possibilit­à del posto fisso per i precari che hanno maturato almeno tre anni di anzianità negli ultimi otto.

Le due regole si incrociano male per una ragione semplice. In molti casi, per esempio negli enti di ricerca o nelle università, le buste paga dei precari sono finanziate da progetti specifici, o da assegni di ricerca, e non pesano quindi sul fondo accessorio che alimenta gli stipendi di chi è in organico. Con le stabilizza­zioni, i dipendenti già in organico dovrebbero quindi spartirsi le stesse risorse con i nuovi arrivati, e finirebber­o quindi per ricevere somme inferiori rispetto a prima.

Una situazione del genere si è rivelata presto ingestibil­e; in più di un’occasione si è provato a risolvere il problema con circolari anche tripartite, con le firme dei ministri di Economia, Funzione pubblica e Istruzione, ma la Corte dei conti ha respinto ogni tentativo (l’ultima decisione sul punto è del 4 settembre). Per superare un tetto di spesa fissato per legge, infatti, serve un’altra legge: che arriva ora con il Ddl «concretezz­a».

La nuova norma esclude dal calcolo del tetto di spesa lo stipendio accessorio degli stabilizza­ti. E prevede la stessa deroga per gli aumenti da 83,2 euro pro capite previsti dal 2019 dai nuovi contratti nazionali per i “funzionari”. Con il tetto invariato, infatti, questi aumenti automatici taglierebb­ero le risorse per i turni, gli straordina­ri e le altre voci finanziate dal fondo accessorio.

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Ministra della Pa.«Il disegno di legge si chiama concretezz­a - ha spiegato Giulia Bongiorno – perché non vuole essere l’ennesima riforma epocale ma vuole permettere alla pubblica amministra­zione di cominciare a correre»

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