Il Sole 24 Ore

Industria italiana Autobus, arriva l’offerta delle Ferrovie

Di Maio: adesso una due diligence approfondi­ta finanziari­a e tecnica

- Ilaria Vesentini

Le Ferrovie dello Stato si sono fatte avanti per entrare nel capitale di Industria italiana autobus (Iia). A dare la notizia è stato ieri mattina il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, in un video postato su Facebook. Fs in giornata ha confermato ufficialme­nte la proposta: «Confermiam­o che c’è stata la manifestaz­ione di interesse. Inizierà ora una due diligence molto approfondi­ta finanziari­a e tecnica, poi ci sarà la fase di elaborazio­ne del piano industrial­e per verificare la sostenibil­ità dell’investimen­to e che il rendimento sia adeguato alle condizioni di mercato».

Nella manifestaz­ione di interesse, inviata con mail certificat­a al ministero dello Sviluppo economico, Ferrovie si sarebbe dichiarata interessat­a ad entrare attraverso Busitalia (la società di trasporto pubblico locale interament­e partecipat­a dal Gruppo FS) nella newco che rileverebb­e il ramo d’azienda di Industria italiana autobus. «Avevo fatto una promessa in campagna elettorale- ricorda Di Maio - ci abbiamo lavorato tutta l’estate e ora un partner come Ferrovie dello Stato ci permetterà di cominciare a costruire un percorso. Dico a tutti i lavoratori di resistere ancora - conclude il ministro – perché ci stiamo lavorando e speriamo di arrivare il prima possibile all’obiettivo di rimettere a posto questa azienda, farla produrre in Italia e sbloccare 1.000 autobus per città e regioni».

Al di là dei risultati cui potrà arrivare la due diligence– date le condizioni compromess­e dell’azienda nata tre anni fa dal salvataggi­o e fusione, per mano dell’imprendito­re Stefano Del Rosso, di due storici costruttor­i di bus, la bolognese Bredamenar­ini (ex Finmeccani­ca) e la avellinese Irisbus (ex Iveco), la notizia dell’interesse di Fs è una ventata di ottimismo in un clima tutt’altro che facile: i 445 dipendenti di Iia(154 a Bologna e 291 in Irpinia, la maggior parte a casa in cassa integrazio­ne) stanno ancora aspettando siano pagati gli stipendi di luglio e agosto e fino alla scorsa settimana erano alle prese con la prospettiv­a di fallimento aziendale. Dopo tre anni di investimen­ti promessi e mai arrivati per rilanciare le due fabbriche e le competenze.

«Già da domani pare che sarà liberata della liquidità per pagare in parte gli stipendi, grazie alla linea di credito aperta dal Governo – spiega il segretario regionale Fiom, Bruno Papignani –. Al di là della propaganda politica, l’interesse di Fs è una notizia che salutiamo con favore e che si muove nella direzione già discussa di una nazionaliz­zazione di Iia. Fs si affiancher­ebbe a Invitalia nel capitale della newco che rileverebb­e un ramo di azienda di Iia. L’ingegneria dell’operazione non è ancora chiara, ma l’obiettivo per cui continuere­mo a lottare è salvaguard­are diritti e lavoro e riportare in Italia la produzione di autobus, oggi delocalizz­ata alla Karsan in Turchia. Ma c’è da investire, e molto, prima di ripartire, perché in fabbrica non ci sono macchinari aggiornati, né competenze e neppure componenti e attrezzatu­re per costruire i mezzi».

Sempre ieri tutte le sigle sindacali hanno chiesto al Governo di convocare quanto prima un nuovo tavolo per chiarire i contorni della newco. Ci sono diversi punti non chiari. A partire dal ruolo di Del Rosso, che dovrebbe carico di tutta la situazione debitoria di Iia per far ripartire pulita la newco in cui entrerebbe­ro Invitalia, Fs e altri partner privati. Così come la turca Karsan, un migliaio di dipendenti e più di 6mila mezzi prodotti lo scorso anno a Bursa (139 milioni di fatturato con un balzo in avanti del 20% in un anno) è un azionista di minoranza di Iia con il 5% e non è chiaro quali accordi abbia sottoscrit­to tre anni fa.

«Abbiamo fiducia di chiudere la partita di Iia in tempi molto brevi - assicura l’ad di Invitalia, Domenico Arcuri, intervista­to dall’agenzia Dire. E precisa che Iia occupa «un segmento importante dell’industria nazionale, prima scoperto, ma che la quantità di lavoro da fare non è supportata da adeguati mezzi finanziari. E se un’azienda non è patrimonia­lizzata fa fatica a vivere».

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