Fiere, Bologna chiama Milano e inaugura due padiglioni
Calzolari: «Il nostro obiettivo è creare un soggetto internazionale» Il piano di investimenti da 138 milioni per valorizzare la struttura
Tra la velocità – appena 10 mesi – con cui sono stati realizzati 33mila metri quadrati di nuovi spazi espositivi nel quartiere Michelino e la rapidità con cui stanno lievitando business e margini di BolognaFiere, si capisce la volontà di azionisti e manager del secondo expo italiano di stringere i tempi anche in tema di alleanze e quotazione in Borsa. Con lo sguardo girato però sempre con più interesse alla capitale lombarda che alle fiere lungo la via Emilia, sebbene sia tornato in auge il progetto di holding fieristica unica regionale. «Il nostro o obiettivo è creare un competitor fieristico di calibro internazionale capace di confrontarsi con Colonia, Francoforte, Parigi. La competizione si gioca sulla qualità dei quartieri e dei servizi, i campanili sono storia del passato», sottolinea il presidente di BolognaFiere Gianpiero Calzolari, tagliando il nastro ieri dei nuovi padiglioni 29 e 30.
Se Fiera Milano è il primo expo per dimensioni in Italia, BolognaFiere è però il primo player del settore per internazionalizzazione: ha una quota di fatturato realizzata all’estero del 26% (126 milioni i ricavi 2017 con la previsione di schizzare a 170 milioni quest’anno grazie anche all’M&A), 14 eventi organizzati in giro per il mondo (cosmesi, editoria, pet industry) e sedi da New York a Shanghai, un unicum nel panorama nazionale. «Dobbiamo condividere non dividere la forza industriale del nuovo triangolo economico che unisce Milano, Padova e Bologna», aggiunge Calzolari, che lo scorso dicembre ha acquisito il controllo della padovana GiPlanet, leader negli allestimenti e nei servizi espositivi. E si prepara a finalizzare in ottobre lo shopping in terra tedesca del 60% di Health & Beauty holding, gruppo attivo nell’organizzazione di fiere internazionali nella cosmetica, nell’editoria e nel digital. Le nozze Milano-Bologna darebbero forma dunque a un campione globale.
Il piano di investimenti di BolognaFiere da 138 milioni entro il 2024, all’interno del quale si inserisce questo primo step di 45 milioni per i nuovi padiglioni 29 e 30, ambisce a portare anche la struttura del quartiere all’altezza di sfide globali. Ma per quanto positivi e ben oltre la media nazionale di settore siano i numeri di BolognaFiere – dal 2014 al 2018 si calcola un +40% di fatturato, +35% di Ebitda e un +150% di Ebit) sono anche le specchio di un gap che si va allargando, non accorciando, rispetto alle fiere transalpine: «Nel 2008 Colonia fatturava 191 milioni di euro, 60 più di noi, nel 2017 ha chiuso a 380 milioni, il triplo», spiega il direttore generale di BolognaFiere, Antonio Bruzzone.
I nuovi padiglioni 29 e 30 sono dunque solo il primo passo di un piano di restyling e ampliamento del quartiere bolognese che consentirà di raggiungere una superficie di 270mila metri quadrati nel 2024, con una crescita complessiva del 35% e un ammodernamento che riguarderà il 60% di tutti gli spazi. Toccherà a Confindustria Ceramica , che aveva legato il rinnovo del contratto con BolognaFiere proprio all’ampliamento del quartiere, inaugurare l’imponente opera. FederUnacoma (la Confindustria dei costruttori di macchine agricole) dovrà aspettare ancora un paio di step di lavori per non escludere espositori dalla rassegna biennale Eima, ospitata sempre a Bologna: sono 1.930 le aziende espositrici della prossima edizione, la 43esima, che si aprirà il 7 novembre, e per almeno 200 richiedenti non ci sono stand, restano esclusi.
Il complesso inaugurato ieri, progettato dallo Studio Di Gregorio e realizzato in tempi record (10 mesi di lavori con 100 persone in cantiere al giorno e punte di 230 nelle ultime fasi) da Strabag con Cimolai e Alpiq, sorge sulle ceneri delle due vecchi strutture demolite ed è caratterizzato da una copertura con travi di 75 metri di luce a campata unica, senza il sostegno di pilastri e altezze di 12 metri, che lo rendono estremamente versatile e flessibile. La spina centrale è il mall, un asse distributivo che attraversa il complesso fieristico da nord a sud e lo rigenera evocando i portici bolognesi.
«Bologna è un’ammiraglia, non un guardia coste per politiche di piccolo cabotaggio locali. Siamo disponibili a collaborare in regione, ma questo deve avvenire tenendo presente il quadro di una fiera che è la seconda in Italia e con grande respiro internazionale. Non siamo e non saremo noi a limitare gli orizzonti della Fiera e ad ostacolare la strada di sviluppo intrapreso», aggiunge il sindaco di Bologna, Virginio Merola, primo azionista dell’expo emiliano. Che guarda con favore alle nozze tra prima (Milano) e seconda (Bologna) della corazzata con la prospettiva della quotazione in Borsa. Così come sposa il piano di scorporare subito in due società BolognaFiere, una per gli asset immobiliari, l’altra per la gestione eventi. In terra emiliano-romagnola è tornata invece in auge da un paio di settimane l’ipotesi di fusione di Bologna con Parma e Rimini. «La nostra proposta è quella di creare una newco che guardi all’estero e che metta insieme i saloni con marginalità superiori al 25% e proiezione globale. Non abbiamo pregiudizi ma la strada delle alleanze è obbligata», conclude Merola.
La novità.
I 33mila metri quadri dei nuovi padiglioni 29 e 30 sono stati realizzati previa demolizione delle vecchie strutture