Cersaie invade i nuovi spazi con il record di stand e visitatori
Tra Reggio e Modena si concentra l’80% della produzione nazionale
Sarà l’industria ceramica mondiale a inaugurare, il prossimo 24 settembre, iduenuovipadiglionidelquartiereMichelinoconla36esimaedizionediCersaie,ilSaloneinternazionaledellaceramica per l’architettura e dell’arredobagno (martedì 18 settembre lo speciale dedicato del Sole-24 Ore) . Occasione per rimarcare, attraverso nuovi e vecchi spazi espositivi, esauriti da mesi (161milamq,840espositorida40Paesi con l’attesa di battere il precedente record di 111mila visitatori), che la leadership del made in Italy in campo ceramico non perde smalto e che la via Emilia resta il fulcro di questa eccellenza: tra Reggio e Modena il distretto di Sassuolo accentra l’80% della produzione nazionale di piastrelle (425 milioni di mq ) e la punta di diamante della manifattura mondiale; mentre Bologna è la culla storica dell’evento fieristico più importante su scala internazionale.
A dispetto dei numeri 2018 meno brillanti del previsto, la ceramica italiana, con le sue 222 industrie, oltre 25mila addetti e 6,3 miliardi di fatturato complessivo 2017, resta il benchmark per tutti i competitor globali in termini di design e qualità e il primo esportatore mondiale in valore, con il 32% dell’interscambio di piastrelle.
Arriva infatti dall’export, che pesa l’80% delle vendite totali, la linfa vitale di questa nicchia dell’industria italiana che di fronte a una crisi che ha dimezzato i volumi, dal 2013 in avanti ha reagito a suon di investimenti, arrivando a dedicare a nuove a fabbriche 4.0 e green, impianti per grandi lastre , ricerca e innovazione quasi il 10% del fatturato l’anno: 1,8 miliardi di euro di investimenti in cinque anni.
I primi indicatori del 2018, con un export di piastrelle sceso del 3,3% in valore da gennaio a giugno e la previsione di chiudere l’anno attorno allo zero in termini di fatturato non premiano lo sforzo fatto dalla nostra industria. Ma se i competitor spagnoli corrono invece a due cifre è anche perché hanno un sistema-Paese che li accompagna e mentre in Italia si litiga da decenni di Cispadana, bretelle e ferrovie senza che nulla cambi, in pochi anni il distretto di Castellon de la Plana ha raddoppiato la velocità logistica e i collegamenti tra fabbriche e porti.