Dazi, gli Stati Uniti riaprono al dialogo con la Cina
Borse asiatiche in rialzo per l’offerta Usa di un nuovo round negoziale
I mercati finanziari internazionali hanno reagito con un sospiro di sollievo alla notizia che l’Amministrazione Trump ha invitato la Cina a una nuova tornata di negoziati sul commercio per evitare l’ormai imminente applicazione di dazi Usa sull’export cinese per altri 200 miliardi di dollari: l’apertura - contenuta in una lettera inviata a Pechino dal segretario al Tesoro Steven Mnuchin, come rivelato dal consigliere economico Larry Kudlow - è stata accolta dalle autorità cinesi. L’effetto immediato è stato un lieve calo del dollaro sullo yuan e un rimbalzo diffuso sulle piazze azionarie asiatiche, guidato da Hong Kong (+2,5%), Shanghai (+1,1%) e Tokyo (+0,96%). Anche Borse europee e Wall Street hanno trovato supporto, specie nei comparti più sensibili alle tensioni sul trade (auto e materie prime).
Tra gli analisti, c’è chi comincia a mettere in discussione la diffusa opinione secondo cui prima delle elezioni di «mid-term» per rinnovo parziale del Congresso sia ben difficile aspettarsi reali schiarite. «La popolarità di Trump di recente è scesa e i Democratici stanno guadagnando terreno: una dinamica che potrebbe indurre la Casa Bianca a cercare un qualche risultato sul fronte commerciale», osserva Mutsumi Kagawa, chief global strategist di Rakuten Securities a Tokyo.
Altri analisti avvertono che al momento i margini per un sostanziale compromesso appaiono molto ristretti, visto che Pechino ha offerto concessioni nella prima parte dell’anno - dall’offerta di acquistare più beni americani per ridurre il disavanzo della controparte a una maggiore apertura dei suoi mercati anche finanziari alle società straniere - senza che ciò impedisse il naufragio dei colloqui: Pechino non pare disposta a spingersi a concessioni più impegnative, specialmente se dovessero implicare un annacquamento della sua strategia «Made in China 2025», come di fatto sollecitato dai negoziatori americani. Il sollievo sui mercati, dunque, appare di natura contingente, in mancanza di sorprese che potrebbero venire da un ammorbidimento delle posizioni della Casa Bianca. Se ieri l’indice MSCI Asia ex Japan ha potuto risollevarsi dello 0,6% dai minimi da 14 mesi toccati nella sessione precedente, il mercato azionario cinese rimane vicino ai minimi dal 2014. La debolezza delle Borse cinesi è stata citata da Donald Trump, a smentita del Wall Street Journal, in un tweet come elemento per cui la Cina - e non certo lui - si trova sotto pressione per un accordo. Ma sul presidente piovono sollecitazioni proprio da chi in astratto dovrebbe beneficiare di una strategia aggressiva sul trade. Mentre gli ultimi dati segnalano che nel primo mese di entrata in vigore dei dazi (e controdazi) su 50 miliardi di dollari di merci il surplus bilaterale cinese non appare affatto intaccato, si moltiplicano in modo esponenziale le pressioni del mondo delle imprese sull’Amministrazione per un cambio di rotta. All’indomani di uno studio mensile della Federal Reserve che segnala la crescente preoccupazione delle aziende statunitensi per le conseguenze della guerra commerciale in corso, due sondaggi contemporanei tra imprese operanti in Cina hanno indotto le locali Camere di Commercio americane ed europea a implorare una tregua.
Oltre il 60% delle risposte all’inchiesta congiunta di AmCham China e AmCham Shanghai evidenziano effetti negativi già percepibili dal primo round di dazi, mentre fino al 74,3% degli interpellati si attende danni da una prossima escalation: minori profitti, più alti costi operativi, diminuzione della domanda e necessità di modifiche alle catene produttive. Aspettative deprimenti che secondo il presidente di AmCham Shanghai, Eric Zheng, hanno un preciso significato: «Se quasi la metà delle aziende americane dà per scontato un forte impatto negativo dal prossimo round di dazi, allora l’ Amministrazione Usa danneggerà le aziende che dovrebbe aiutare ». E aggiunge: «Supportiamo gli sforzi del presidente Trump per rimettere in carreggiata le relazioni commeriali Usa-Cina affrontando gli annosi problemi di iniquità e disparità. Ma possiamo farlo attraverso mezzi diversi dai soli dazi». L’idea che la Cina alzi bandiera bianca «rischia di sottostimare le sue capacità di reazione colpo su colpo», osserva William Zart, presidente di AmChina, nell’evidenziare il pericolo di una spirale all’ingiù di dazi e controdazi «che non andrebbe a beneficio di nessuno».
Sostanzialmente analoghe le risultanze del sondaggio europeo: «Gli effetti dell’attuale guerra commerciale Usa-Cina sulle imprese europee sono consistenti e largamente negativi -ha detto MatsHarborn,p residente della European Union Chamber of Commerce in China - Condividiamo le preoccupazioni sulle pratiche commerciali cinesi, ma continuare sulla strada dell’escalation tariffaria è estremamente dannoso e minaccia di smantellare l’intero sistema globale basato su regole, in un momento in cui dovremmo lavorare insieme per modernizzarlo».