Il Sole 24 Ore

Ai giudici il compito di trovare il punto di equilibrio

- Giuliano Fonderico

La Corte apre il segreto delle autorità finanziari­e al diritto di accesso. Forse proprio per meglio perseguire i fini della vigilanza. La possibilit­à di azioni risarcitor­ie per la cattiva vigilanza, ad esempio, può stimolare maggiore cura nell’esercizio della funzione, tanto più quando i danneggiat­i abbiano accesso alle informazio­ni rilevanti.

Le conclusion­i della Corte sono destinate prioritari­amente ad alcuni schemi di controvers­ia, dove l’interesse a conoscere gli atti della vigilanza è più diretto e “fisiologic­o”. Qualcosa del genere si era già visto nella giurisprud­enza della nostra Corte costituzio­nale sul segreto della Consob (sentenze 460/2000 e 32/2005). Nei casi decisi dalla Corte Ue, ad avere richiesto l’accesso erano i destinatar­i di provvedime­nti sfavorevol­i della vigilanza o risparmiat­ori che contestava­no all’autorità negligenze. Si può immaginare anche il caso di un risparmiat­ore che agisce contro un intermedia­rio sottoposto alla vigilanza e per fatti oggetto della stessa.

Le sentenze lasciano all’amministra­zione e, in caso di controvers­ia, al giudice di stabilire l’utilità delle informazio­ni per i diritti difesi e di «bilanciare» gli interessi in gioco. Il primo passaggio è più giuridico, occorre valutare sul piano dei fatti e del regime delle prove se le informazio­ni abbiano un collegamen­to forte con l’oggetto della controvers­ia. Il secondo passaggio, sul bilanciame­nto degli interessi, si sposta sul merito. Dal lato della vigilanza, probabilme­nte si dovrà considerar­e sia la caduta di segretezza in sé sia lo specifico pregiudizi­o che potrebbe derivare dalla conoscenza delle informazio­ni. Dal lato di chi chiede l’accesso, rileverà la “qualità” degli interessi coinvolti e quanto la mancanza delle informazio­ni possa rendere più difficolto­sa la difesa. Non si dovrebbe mai scendere al di sotto della soglia di un processo “equo” per tutte le parti.

Il compito del giudice non sarà in ogni caso facile anche perché gli strumenti di decisione potrebbero rivelarsi inadeguati. Il giudice valuta il caso senza conoscere il contenuto delle informazio­ni richieste. Non esiste un meccanismo per introdurre in giudizio documenti che poi non possano vedere tutte le parti. Andrebbe forse inserita nel processo qualche soluzione “non convenzion­ale”, che consenta al giudice di decidere a ragion veduta senza per ciò solo far cadere il segreto.

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