Ai giudici il compito di trovare il punto di equilibrio
La Corte apre il segreto delle autorità finanziarie al diritto di accesso. Forse proprio per meglio perseguire i fini della vigilanza. La possibilità di azioni risarcitorie per la cattiva vigilanza, ad esempio, può stimolare maggiore cura nell’esercizio della funzione, tanto più quando i danneggiati abbiano accesso alle informazioni rilevanti.
Le conclusioni della Corte sono destinate prioritariamente ad alcuni schemi di controversia, dove l’interesse a conoscere gli atti della vigilanza è più diretto e “fisiologico”. Qualcosa del genere si era già visto nella giurisprudenza della nostra Corte costituzionale sul segreto della Consob (sentenze 460/2000 e 32/2005). Nei casi decisi dalla Corte Ue, ad avere richiesto l’accesso erano i destinatari di provvedimenti sfavorevoli della vigilanza o risparmiatori che contestavano all’autorità negligenze. Si può immaginare anche il caso di un risparmiatore che agisce contro un intermediario sottoposto alla vigilanza e per fatti oggetto della stessa.
Le sentenze lasciano all’amministrazione e, in caso di controversia, al giudice di stabilire l’utilità delle informazioni per i diritti difesi e di «bilanciare» gli interessi in gioco. Il primo passaggio è più giuridico, occorre valutare sul piano dei fatti e del regime delle prove se le informazioni abbiano un collegamento forte con l’oggetto della controversia. Il secondo passaggio, sul bilanciamento degli interessi, si sposta sul merito. Dal lato della vigilanza, probabilmente si dovrà considerare sia la caduta di segretezza in sé sia lo specifico pregiudizio che potrebbe derivare dalla conoscenza delle informazioni. Dal lato di chi chiede l’accesso, rileverà la “qualità” degli interessi coinvolti e quanto la mancanza delle informazioni possa rendere più difficoltosa la difesa. Non si dovrebbe mai scendere al di sotto della soglia di un processo “equo” per tutte le parti.
Il compito del giudice non sarà in ogni caso facile anche perché gli strumenti di decisione potrebbero rivelarsi inadeguati. Il giudice valuta il caso senza conoscere il contenuto delle informazioni richieste. Non esiste un meccanismo per introdurre in giudizio documenti che poi non possano vedere tutte le parti. Andrebbe forse inserita nel processo qualche soluzione “non convenzionale”, che consenta al giudice di decidere a ragion veduta senza per ciò solo far cadere il segreto.