I commercialisti: l’e-fattura deve essere graduale
Il calo Irpef di un punto costa tanto e produce un effetto limitato
Fattura elettronica, minimi, Irpef, Irap e Tasi sono tra i temi affrontati ieri dai commercialisti in audizione in Commissione finanze al Senato dove si è parlato di semplificazione fiscale. Il presidente della categoria Massimo Miani si è presentato in audizione, insieme ai consiglieri Maurizio Postal e Gilberto Gelosa, con un documento di 57 pagine e con 43 proposte di intervento o modifica.
Alcune urgenti. È il caso dell’obbligo di fattura elettronica che dovrebbe partire dal 1° gennaio e che, per i commercialisti, «rischia di trovare molti contribuenti impreparati». Si suggerisce la sterilizzazione delle sanzioni legate all'adempimento fino al 30 giugno 2019 e un avvio scaglionato, dove partono le imprese quotate e quelle di grandi dimensioni per arrivare a regime nel 2022; in alternativa si chiede “almeno” la proroga di un anno per i contribuenti in semplificata .
I commercialisti lanciano l’ allarme sugli effetti distorsivi e controproducenti dell’estensione del regime dei minimi ai professionisti con fatturato entro i 100mila euro: se viene mantenuto il vincolo della non partecipazione a società o ad associazioni professionali - mettono in guardia - si determinerà una spinta significativa alla parcellizzazione delle attività professionali e al nanismo imprenditoriale. Ed è solo uno dei problemi. Altri effetti sarebbero l’«esplosione del sommerso nell’acquisto di beni e nei contratti di lavoro» e un indebito vantaggio concorrenziale per alcuni professionisti.
La categoria, calcoli alla mano, spiega lo scarso impatto - massimo 12,5 euro al mese - di un abbassamento dell’Irpef dal 23 al 22%, che costerebbe al sistema 4,3 miliardi, mentre suggerisce di eliminare l’Irap per introdurre - a parità di gettito - un’addizionale regionale all’Ires e di inglobare la Tasi nell’Imu per evitare la duplicazione di tributi praticamente uguali.
Che il fisco nostrano abbia bisogno di semplificazione è cosa nota ma forse molti ignorano che nel Tuir molti parametri sono ancora espressi in lire; «in alcuni casi - riconoscono i commercialisti - il mancato aggiornamento è dovuto a questioni di gettito»: in altri casi no ma determina un appesantimento delle procedure amministrative e quindi «una maggior complessità fiscale».