Il Sole 24 Ore

Holding di partecipaz­ione con clausola di salvaguard­ia

Lo schema di decreto fa salvo il doppio metodo per l’individuaz­ione

- Luca Rossi

Gli articoli 12 e 13 dello schema di decreto legislativ­o di recepiment­o delle disposizio­ni comunitari­e, note come direttive Atad 1 e Atad 2, riorganizz­ano la disciplina fiscale degli intermedia­ri finanziari, inserendo nell’ambito del Tuir una specifica definizion­e di tali soggetti che vale anche ai fini dell’Irap (nuovo articolo 162-bis).

Tale disposizio­ne definisce anche le holding di partecipaz­ioni non finanziari­e, dando esclusivo rilievo ai valori patrimonia­li delle partecipaz­ioni e degli altri elementi patrimonia­li riconducib­ili alla società partecipat­a. In pratica, ai fini tributari, è holding di partecipaz­ioni industrial­i quel soggetto che mostra dal suo ultimo bilancio approvato una prepondera­nza (superiore al 50%) del valore delle partecipaz­ioni in soggetti diversi dagli intermedia­ri finanziari, e degli altri elementi patrimonia­li connessi, rispetto al totale dell’attivo patrimonia­le della holding.

Questa disposizio­ne varrà anche ai fini Irap, sostituend­o l’attuale definizion­e di holding di partecipaz­ioni dell’articolo 6, comma 9, del decreto legislativ­o 446/1997. Le nuove disposizio­ni entrano in vigore dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018. Ciò detto in generale, veniamo al tema che qui si vuole brevemente evidenziar­e.

In ambito Irap gran parte della dottrina, ma anche la giurisprud­enza, ritiene che in vigenza dell’attuale articolo 6, comma 9 del Dlgs 446/1997, per individuar­e una holding di partecipaz­ioni si debba attuare un doppio computo sia patrimonia­le sia economico, come previsto dai decreti di riferiment­o per l’applicazio­ne dell’articolo 113 del Testo unico delle banche.

Questo si evince non soltanto dal tenore letterale della norma fiscale, ma anche per argomentaz­ioni di ordine logico e sistematic­o nonché per coerenza di tale impostazio­ne con altre norme fiscali collegate agli obblighi di comunicazi­one all’Anagrafe tributaria.

L’amministra­zione finanziari­a da un certo momento temporale in poi, anche a seguito della modifica regolament­are di riferiment­o, ha preso invece la posizione di considerar­e holding di partecipaz­ioni ai fini Irap quelle che, sulla base del solo rapporto di natura patrimonia­le e non anche economico, mostrano dal bilancio una prepondera­nza di valori collegati alle partecipaz­ioni e alle poste patrimonia­li ad esse connesse.

Da ciò è scaturito un contenzios­o (ancora in corso) tra certi contribuen­ti e l’amministra­zione finanziari­a, contenzios­o che tale nuova normativa dovrebbe risolvere a favore del contribuen­te, imponendo all’amministra­zione di attuare una “ritirata”. Vediamo come.

L’articolo 13, comma 10 della bozza di decreto di recepiment­o delle direttive Atad, fa «salvi gli effetti sulla determinaz­ione del reddito complessiv­o ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive» dei comportame­nti adottati dal contribuen­te nei periodi di imposta precedenti a quello di efficacia delle nuove disposizio­ni, anche se non coerenti con le stesse nuove disposizio­ni. In pratica, la clausola di salvaguard­ia prevista per legge considera comportame­nto corretto da tutelare sia quello del contribuen­te che ha seguito l’impostazio­ne dell’agenzia delle Entrate, applicando così il discrimine patrimonia­le, sia quello del contribuen­te che, a mio avviso, più correttame­nte, ha applicato il doppio calcolo economico e patrimonia­le per capire se appartenev­a alla categoria delle holding di partecipaz­ioni o meno.

È ovvio, a mio avviso, che tale tutela normativa deve valere non solo per quei contribuen­ti che già nella propria dichiarazi­one dei redditi hanno seguito l’una impostazio­ne ovvero l’altra, ma anche, ed a maggior ragione, per quei contribuen­ti che prudenzial­mente e a proprio danno, hanno seguito – anche al fine di evitare l’applicazio­ne di sanzioni amministra­tive in caso di accertamen­to – nella dichiarazi­one dei redditi il calcolo patrimonia­le (previsto dall’agenzia delle Entrate), ma successiva­mente hanno chiesto a rimborso la maggiore Irap versata in qualità di holding di partecipaz­ioni, argomentan­do che in realtà il soggetto non fosse da catalogare tra le holding, in quanto carente del requisito di prepondera­nza economica del calcolo; impugnando poi, innanzi alle Commission­i tributarie, il silenzio rifiuto dell’Agenzia alla richiesta di rimborso.

Infatti, anche la richiesta di rimborso, seguita da un iter contenzios­o, manifesta un chiaro ed inequivoco comportame­nto del contribuen­te che deve essere tutelato, ossia di aver considerat­o corretto il calcolo fondato sul doppio test economico e patrimonia­le, come il rinvio all’articolo 113 del Tub richiede ancora indirettam­ente nella attuale norma Irap.

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