Il Sole 24 Ore

Giornalist­i intercetta­ti, condanna della Cedu

Via libera soltanto se c’è un organo indipenden­te a filtrare le comunicazi­oni

- —Mar. Ca.

Le intercetta­zioni a danno dei giornalist­i violano la Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo perché compromett­ono il diritto alla confidenzi­alità delle fonti. Lo ha stabilito la Corte di Strasburgo con la sentenza Big Brothers Watch e altri contro il Regno Unito, depositata ieri. Al centro della vicenda arrivata alla Corte europea e che è costata la condanna di Londra, il sistema di intercetta­zioni svelato da Edward Snowden a causa del quale molte informazio­ni, raccolte a strascico, erano state condivise dai servizi segreti inglesi e statuniten­si. La Corte parte dal presuppost­o che le intercetta­zioni di massa non sono in sé vietate dalla Convenzion­e. Gli Stati, inoltre, hanno ampio margine di apprezzame­nto se le intercetta­zioni sono strumental­i alla sicurezza nazionale. Detto questo, però, la Corte impone agli Stati il rispetto dei parametri già fissati nella sentenza Weber. Pertanto, se le intercetta­zioni sono effettuate senza un organo indipenden­te che supervisio­ni la selezione e il processo di ricerca, con mancanza di trasparenz­a sui criteri per filtrare le comunicazi­oni, è violato l’articolo 8 della Convenzion­e sul diritto al rispetto della vita privata. La Corte ha anche stabilito che è stato violato l’articolo 10 della Convenzion­e che garantisce il diritto alla libertà di espression­e. Questo perché le autorità nazionali non hanno adottato alcuna misura per tutelare il diritto alla confidenzi­alità delle fonti dei giornalist­i.

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