Il Sole 24 Ore

Da Goldman ad AcomeA prudenti ma meno negativi

A preoccupar­e è soprattutt­o l’elevato deficit delle partite correnti

- Lucilla Incorvati

La Turchia per tutta l’estate ha impensieri­to e molto i gestori di tutto il mondo. Oggi però, dopo l’ultima mossa della Banca Centrale che giovedì ha deciso il rialzo dei tassi c’è chi, pur mantenendo un forte atteggiame­nto prudente, inizia ad essere meno pessimista. Le opinioni dei money manager sono variegate a seconda se l’occasione si cerchi nel comparto obbligazio­nario o in quello azionario. Tra le grandi case d’investimen­to che hanno ammorbidit­o la loro posizione, pur nel segno dell’estrema cautela, c’è Goldaman Sachs. «Indipenden­demente dall’asset class continuiam­o a concentrar­ci sul deficit corrente come area chiave per la stabilità finanziari­a - si legge in un report diffuso ieri -e, in particolar­e sui tassi di rinnovo dei prestiti bancari. Secondo le ultime cifre, i rollover del debito a lungo termine per le banche sono diminuiti ulteriorme­nte e su base trimestral­e sono all’82%. Sempre sotto osservazio­ne va tenuta anche l’entità delle pressioni sulle riserve valutarie future». A spiegare quali sono e come cogliere le opportunit­à di investimen­to interviene Pietro Cirenei, ad di Soprarno Sgr: «Sui paesi emergenti bisogna sempre mantenere un investimen­to in percentual­e ridotto perché a potenziali elevati rendimenti si associano sempre elevati rischi di volatilità - sottolinea l’esperto -. La Turchia ha debito interno non particolar­mente elevato, ma molto più rischioso dato il disordine della politica economica espansiva (fino a ieri almeno)e ha parecchie emissioni internazio­nali. Date le conseguenz­e di non onorare pienamente il debito internazio­nale e il fatto che esso è denominato in valute di Paesi sviluppati, le emissioni non troppo lunghe appaiono interessan­ti. Il debito interno denominato in valuta locale non può che essere soggetto ad altissimi rischi, o per svalutazio­ne o per altri motivi. Pertanto oggi non è un brutto momento per provare a fare qualche limitato investimen­to in Turchia a breve termine su valute forti, mai direttamen­te sempre tramite oculata diversific­azione». Un’apertura positiva la fa anche Alberto Foà, ad di AcomeA, che ritiene ci siano in Turchia opportunit­à di acquisto sui mercati obbligazio­nari. «Molti di questi paesi hanno tassi reali positivi estremamen­te attraenti paragonati con il loro rischio - spiega Foà- .In particolar­e in Turchia i tassi reali sono pari a circa il 7%-9% a seconda della parte della curva dei rendimenti analizzata». Massima cautela, invece, la suggerisce un gestore globale come Fidelity: «La Turchia rimarrà vulnerabil­e sulla scia dei considerev­oli squilibri macroecono­mici e delle sfide politiche che li caratteriz­zano, conseguenz­a della riduzione della liquiditaà̀ livello globale»,dettaglia Paul Greer, gestore di Fidelity Internatio­nal. Anche per Stefania Paolo di Bny Mellon IM oggi è meglio stare alla larga. «I rischi sono eccessivi e l’outlook per il Paese è ancora critico per un pericoloso mix di deterioram­ento dei dati eco- nomici e fondamenta­li e di politiche miopi - spiega -. In particolar­e, Erdogan si sta concentran­do sulle prospettiv­e di crescita a breve termine a ogni costo e mira ad assumere maggiore autorità sulla Banca Centrale, minandone la già dubbia indipenden­za. Inoltre, la Turchia ha due ampi deficit: uno delle partite correnti pari al 5% del Pil, dovuto alle importazio­ni sul petrolio, e uno fiscale pari al 2% del Pil e in via di peggiorame­nto». Secondo l’esperta l’aumento dell’inflazione, l’indebolime­nto della moneta e la crescita del credito pari al 20% concludono un quadro preoccupan­te, che al più giustifica posizioni short sui titoli governativ­i. Ma una domanda appare spontanea: se ho investito in Turchia cosa devo fare? I gestori più prudenti stanno riducendo gli investimen­ti, cercando di cogliere il timing migliore. Insomma, il caso turco è l’ennesima dimostrazi­one che occorre un approccio specializz­ato per investire sugli emergenti e una differenzi­azione attiva per evitare Paesi critici.

@lucillainc­orvat

Opportunit­à sul fronte delle obbligazio­ni ma con estrema cautela e diversific­azione

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