L’EQUILIBRIO DI GENERE NELLE SOCIETÀ QUOTATE
Aluglio 2018 il Comitato per la Corporate Governance ha approvato alcune modifiche del Codice di autodisciplina in materia di equilibrio di genere, per salvaguardare, attraverso lo strumento della “soft law”, i positivi risultati raggiunti dalla legge 120/2011, che ha introdotto una disciplina intesa ad agevolare la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo degli emittenti e ha previsto che criteri di equilibrio di genere vengano applicati per tre mandati consecutivi a partire dal primo rinnovo successivo al 12 agosto 2012.
Le modifiche toccano i principi, i criteri applicativi e il commento.
I nuovi principi 2.P.4 e 8.P.2 raccomandano di applicare criteri di diversità, anche di genere, sia alla composizione del CdA che a quella del collegio sindacale. Per il CdA viene specificato che tali criteri vanno applicati «nel rispetto dell’obiettivo prioritario di assicurare adeguata competenza e professionalità dei suoi membri». Analogo richiamo non viene fatto per il collegio sindacale, poiché i requisiti di professionalità sono indicati dal regolamento del ministro di Grazia e giustizia 162/ 2000.
I criteri applicativi 2.C.3 e 8.C.3 concretizzano l’obiettivo di diversità di genere richiedendo la quota di un terzo del «genere meno rappresentato» nel CdA e, rispettivamente, nel collegio sindacale, promuovendo il mantenimento su base volontaria dei risultati conseguiti con la legge 120/2011.
Il commento alle nuove raccomandazioni suggerisce diversi strumenti – cumulativi o alternativi – per conseguire la quota di un terzo, richiesta sia al momento della nomina di amministratori e sindaci che nel corso del mandato.
Strumenti che spaziano dalla clausola statutaria “ad hoc” (richiesta dalla legge 120/2011), alle politiche di diversità (la cui disclosure è stata recentemente introdotta nel Testo unico della Finanza), agli orientamenti indirizzati agli azionisti in vista del rinnovo dell’organo (già raccomandati dal Codice di autodisciplina), fino alla lista presentata dall’organo uscente (in caso di rinnovo del CdA).
Una norma transitoria invita, infine, gli emittenti ad adottare i criteri di diversità a decorrere dall’inizio del primo mandato del CdA e del collegio sindacale successivo alla cessazione degli effetti della legge 120/2011.
Le modifiche al Codice hanno tenuto però anche conto del fatto che la parità di accesso di uomini e donne all’organizzazione aziendale, e soprattutto alle posizioni apicali, è stata auspicata a livello internazionale e comunitario, nonché in alcune legislazioni nazionali.
Sebbene sia ancora abbastanza rara la trattazione di tale tema nei codici di corporate governance, uno spunto giunge da Germania e Regno Unito. In Germania la legge e il codice di autodisciplina attribuiscono al consiglio di gestione il compito di definire un target per la diversità di genere nelle prime due linee manageriali nelle società quotate. Nel Regno Unito, l’Hampton-Alexander Report del 2016 fissa un obiettivo del 33% di rappresentanza femminile nelle posizioni senior executive delle società di maggiori dimensioni entro il 2020. La rivisitazione dello Uk Corporate Governance Code (luglio 2018) raccomanda che rientri tra i compiti del comitato per le nomine l’occuparsi del «gender balance of those in the senior management and their direct reports».
In linea con la best practice internazionale,ilComitatohaquindiinserito nel commento all’articolo 2 del Codiceunauspicioaffinché«gliemittentiadottinomisureperpromuoverelaparitàditrattamentoediopportunitàtraigeneriall’internodell’intera organizzazione aziendale, monitorandone la concreta attuazione».
(Componente comitato scientifico IgseresponsabileaffarisocietaridiEnel)