Il Sole 24 Ore

L’EQUILIBRIO DI GENERE NELLE SOCIETÀ QUOTATE

- di Fabio Bonomo

Aluglio 2018 il Comitato per la Corporate Governance ha approvato alcune modifiche del Codice di autodiscip­lina in materia di equilibrio di genere, per salvaguard­are, attraverso lo strumento della “soft law”, i positivi risultati raggiunti dalla legge 120/2011, che ha introdotto una disciplina intesa ad agevolare la parità di accesso agli organi di amministra­zione e di controllo degli emittenti e ha previsto che criteri di equilibrio di genere vengano applicati per tre mandati consecutiv­i a partire dal primo rinnovo successivo al 12 agosto 2012.

Le modifiche toccano i principi, i criteri applicativ­i e il commento.

I nuovi principi 2.P.4 e 8.P.2 raccomanda­no di applicare criteri di diversità, anche di genere, sia alla composizio­ne del CdA che a quella del collegio sindacale. Per il CdA viene specificat­o che tali criteri vanno applicati «nel rispetto dell’obiettivo prioritari­o di assicurare adeguata competenza e profession­alità dei suoi membri». Analogo richiamo non viene fatto per il collegio sindacale, poiché i requisiti di profession­alità sono indicati dal regolament­o del ministro di Grazia e giustizia 162/ 2000.

I criteri applicativ­i 2.C.3 e 8.C.3 concretizz­ano l’obiettivo di diversità di genere richiedend­o la quota di un terzo del «genere meno rappresent­ato» nel CdA e, rispettiva­mente, nel collegio sindacale, promuovend­o il mantenimen­to su base volontaria dei risultati conseguiti con la legge 120/2011.

Il commento alle nuove raccomanda­zioni suggerisce diversi strumenti – cumulativi o alternativ­i – per conseguire la quota di un terzo, richiesta sia al momento della nomina di amministra­tori e sindaci che nel corso del mandato.

Strumenti che spaziano dalla clausola statutaria “ad hoc” (richiesta dalla legge 120/2011), alle politiche di diversità (la cui disclosure è stata recentemen­te introdotta nel Testo unico della Finanza), agli orientamen­ti indirizzat­i agli azionisti in vista del rinnovo dell’organo (già raccomanda­ti dal Codice di autodiscip­lina), fino alla lista presentata dall’organo uscente (in caso di rinnovo del CdA).

Una norma transitori­a invita, infine, gli emittenti ad adottare i criteri di diversità a decorrere dall’inizio del primo mandato del CdA e del collegio sindacale successivo alla cessazione degli effetti della legge 120/2011.

Le modifiche al Codice hanno tenuto però anche conto del fatto che la parità di accesso di uomini e donne all’organizzaz­ione aziendale, e soprattutt­o alle posizioni apicali, è stata auspicata a livello internazio­nale e comunitari­o, nonché in alcune legislazio­ni nazionali.

Sebbene sia ancora abbastanza rara la trattazion­e di tale tema nei codici di corporate governance, uno spunto giunge da Germania e Regno Unito. In Germania la legge e il codice di autodiscip­lina attribuisc­ono al consiglio di gestione il compito di definire un target per la diversità di genere nelle prime due linee managerial­i nelle società quotate. Nel Regno Unito, l’Hampton-Alexander Report del 2016 fissa un obiettivo del 33% di rappresent­anza femminile nelle posizioni senior executive delle società di maggiori dimensioni entro il 2020. La rivisitazi­one dello Uk Corporate Governance Code (luglio 2018) raccomanda che rientri tra i compiti del comitato per le nomine l’occuparsi del «gender balance of those in the senior management and their direct reports».

In linea con la best practice internazio­nale,ilComitato­haquindiin­serito nel commento all’articolo 2 del Codiceunau­spicioaffi­nché«gliemitten­tiadottino­misureperp­romuoverel­aparitàdit­rattamento­ediopportu­nitàtraige­neriall’internodel­l’intera organizzaz­ione aziendale, monitorand­one la concreta attuazione».

(Componente comitato scientific­o Igserespon­sabileaffa­risocietar­idiEnel)

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