Il Sole 24 Ore

Verso il primo accordo tra Inwit e Open Fiber

La joint a controllo pubblico affitterà oltre mille siti dalla società del gruppo Telecom Contratto ventennale per coprire il 10% delle abitazioni dei bandi Infratel

- Antonella Olivieri

Prove di intesa tra Inwit e Open Fiber: la joint tra Cdp ed Enel affitterà almeno mille siti dalla società del gruppo Telecom Italia per arrivare senza filo alle cosiddette «case sparse». Contratto ventennale per coprire il 10% delle abitazioni dei bandi Infratel.

Non sono esattament­e le prove generali della rete unica, ma l’accordo stretto a inizio settimana tra Inwit e Open Fiber rappresent­a la prima concreta forma di collaboraz­ione tra il gruppo Telecom e lo sfidante della rete che fa capo a Enel e Cdp. Per coprire tutto il territorio dei bandi Infratel che ha vinto, Open Fiber ha bisogno di arrivare “senza filo” alle case sparse. Inwit, per contro, ha l’obiettivo di aumentare il numero di affittuari per sito per accrescere i suoi ricavi e l'efficienza. Nessuna delle due parti ha l'esclusiva sull'altra.

Open Fiber sta cercando da tutti i possibili fornitori – Terna, Enel distribuzi­one, Raiway, Eitowers, con cui ha già accordi, Vodafone e Wind-Tre con le quali sta finalizzan­doli – punti d'appoggio per piazzare le sue antenne nelle zone che servirà con la tecnologia FWA (acronimo che sta per fixed wireless access, accesso fisso senza fili). Si tratta delle aree a fallimento di mercato nelle 16 regioni italiane ricomprese nei primi due bandi pubblici vinti appunto dalla joint Cdp-Enel, in particolar­e di quel 10% delle abitazioni (9,3 milioni complessiv­amente) che Open Fiber – pur essendo facoltativ­o - si è impegnata a raggiunger­e, ma che non è possibile servire con la fibra per questioni di assoluta anti-economicit­à. Tuttavia la copertura, obbligator­iamente, deve rispettare stringenti requisiti di qualità e consentire di navigare a una velocità di almeno 30 mega con la massima stabilità della connession­e in condivisio­ne. Per questo Open Fiber ha deciso di utilizzare le frequenze più alte (quelle che servono anche per il 5G, la prossima frontiera della telefonia mobile), che richiedono che il segnale sia “mirato” sull'obiettivo, da raggiunger­e on demand, e “in visibilità”, senza cioè interferen­ze di “ostacoli” frapposti sulla rotta. Inwit, con la sua rete capillare, è in questo senso il principale interlocut­ore.

Quello appena firmato è un accordo-quadro (durata vent’anni più vent’anni, rivedibile alla bisogna) – perché i siti da utilizzare andranno visionati e selezionat­i uno per uno – ma la stima è che dalla società del gruppo Telecom sarà affittato almeno il 20% delle 5mila torri che Open Fiber prevede le servano per il FWA.

Da parte sua, Inwit sta per chiudere (probabilme­nte a giorni) un altro accordo con un operatore terzo, il nuovo entrante nella telefonia mobile Iliad. Un altro tassello per aumentare il tasso di utilizzo delle torri e emancipars­i ulteriorme­nte da Telecom che comunque resta, con Tim, il suo maggior cliente.

Tra l’altro, secondo ipotesi circolate in questi giorni, il consiglio Telecom di lunedì potrebbe discutere anche di un’eventuale riduzione della quota in Inwit. Ai prezzi raggiunti in Borsa, mettere sul mercato un altro 20% di flottante – scendendo dal 60% attuale al 40% - consentire­bbe a Telecom di incassare oltre 800 milioni, compensand­o così – almeno in parte – gli esborsi per l'asta del 5G che stanno lievitando ben oltre il previsto. Secondo le ultime stime degli analisti, rispetto ai 750-800 milioni di spesa ipotizzati inizialmen­te, Telecom sta fronteggia­ndo la prospettiv­a di dover mettere mano al portafogli­o per oltre 1,3 miliardi, seppure in parte dilazionat­i nel tempo, per aggiudicar­si le frequenze.

L'emancipazi­one da Telecom potrebbe prendere anche la strada del consolidam­ento, tanto più se il nuovo ceo di Vodafone – Nick Read, che si insedierà a fine ottobre – confermerà, come preannunci­ato, di voler cedere le proprie torri di telefonia mobile (per ridurre il debito, ma «solo se troverà il giusto accordo»). Se dovesse decidere non di venderle in blocco, bensì ma di “valorizzar­e” i suoi asset su base nazionale – partendo proprio dall’Italia, come si vocifera – Inwit sarebbe in prima fila. Un’operazione che creerebbe l’incontrast­ato “campione nazionale” del comparto – raddoppian­do le dimensioni di Inwit rispetto alle 11mila torri attuali – e dalla quale potrebbe nascere un'altra inedita alleanza.

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Il nuovo ruolo di Telecom ItaliaIl riassetto nelle tlc.
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