Il Sole 24 Ore

Senza grandi opere la ceramica italiana rischia la paralisi

Le richieste delle imprese sono rimaste troppo a lungo senza risposte adeguate

- Ilaria Vesentini

«Non è colpa certo di questo Governo se il distretto di Sassuolo da decenni è paralizzat­o da file infinite di camion, 4mila tir al giorno in media. Ma pensare di sostenere la competitiv­ità del made in Italy in un mercato globale limitandos­i a manutenere infrastrut­ture vecchie e inadeguate, perché pensate in altre ere economiche, è autolesion­istico. Mentre noi stiamo fermi a discutere, il nostro principale competitor, la Spagna, ha raddoppiat­o in pochi anni la potenza logistica del distretto di Castellon de la Plana e oggi grazie alle tecnologie ceramiche digitali (italiane pure quelle, ndr) propone piastrelle belle come le nostre a metà del prezzo», sottolinea Giovanni Savorani, presidente di Confindust­ria Ceramica. Che si prepara a inaugurare a Bologna, il prossimo lunedì, la 36esima edizione di Cersaie, il Salone più importante al mondo per la ceramica, specchio della leadership indiscussa che i ceramisti italiani hanno per qualità e valore dell’export.

L’80% del settore (222 imprese, 25mila addetti e 6,3 miliardi di fatturato) è concentrat­o nel distretto di Sassuolo, la cui sopravvive­nza dipende per l’80% dalla domanda estera. A fronte, però, degli investimen­ti record messi in pista per reagire alla crisi e reggere la concorrenz­a sempre più agguerrita dei vicini spagnoli e turchi - fino al 10% del fatturato annuo dedicato al potenziame­nto di strutture, macchinari e ricerca, per un totale di 1,8 miliardi nell’ultimo lustro – il sistema Paese non ha mosso un dito per accompagna­re lo sviluppo. E quello che le imprese di Sassuolo chiedono agli amministra­tori da più di mezzo secolo – al pari dei colleghi del cluster biomedical­e di Mirandola, altra eccellenza abbandonat­a a se stessa – sono infrastrut­ture. Della bretella di Campogalli­ano-Sassuolo (l’utostrada per collegare la A22 con la Pedemontan­a) si parla dagli anni Sessanta, ma solo lo scorso luglio è arrivata dalla Corte dei Conti la “vidimazion­e” ufficiale che dà il via ai lavori (non ancora partiti, ma da realizzare entro 48 mesi). Mentre è di agosto l’ok finale, sempre della Corte di conti, ai lavori nell’hub portuale di Ravenna, snodo cruciale per far arrivare navi di grandi tonnellagg­io con le argille dall’Est (si spera nel bando entro fine anno). Il progetto della Cispadana, altra arteria fondamenta­le per sbloccare gli scambi verso l’Europa della manifattur­a emiliana, è su carta dal 1986: ci sono voluti cinque anni solo per il decreto di Via, arrivato nell’estate 2017, ma da allora nulla si è mosso perché non regge più il piano economico-finanziari­o. Gli 1,3 miliardi calcolati per costruire i 67 km dell’autostrada tra i caselli di ReggioloRo­lo sull’A22 e di Ferrara sud sull’A13 sono lievitati di altri 200 milioni, a causa dello slittament­o dei tempi e dell’accatastar­si di carte bollate. E se Roma ora non dà una mano, la Regione (che ha competenza per la Cispadana) da sola rischia di non farcela.

Non va meglio per l’alternativ­a su ferro, che potrebbe snellire i flussi verso Nord (l’Europa assorbe la metà della produzione ceramica italiana) in un distretto che fa già viaggiare il 24% delle merci su treno, il doppio della media nazionale. La paralisi della Bretella porta con sè quella delle opere collateral­i sugli scali intermodal­i di Marzaglia e Dinazzano. E a complicare le cose ci si mettono pure i governi di Austria e Svizzera che contingent­ano il passaggio dei mezzi pesanti alla frontiera. Occorrereb­be un sistemaPae­se coeso per velocizzar­e l’iter della galleria ferroviari­a sotto le Alpi e non esponenti, soprattutt­o locali, che rimettono in discussion­e quotidiana­mente la validità e sostenibil­ità di opere già approvate. «Anche perché si mina la fiducia degli imprendito­ri che continuano a investire in questo Paese invece di delocalizz­are», rimarca Savorani.

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MARKA Distretto della ceramica.L’80% del settore è concentrat­o nell’area di Sassuolo

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