Il Sole 24 Ore

I big della telefonia mobile in allarme sulle tariffe regolate

Gli uffici Agcom hanno predispost­o un ribasso dei costi di terminazio­ne Attesa per la decisione sollecitat­a dalla Ue: i piccoli operatori favorevoli ai tagli

- Andrea Biondi

Non bastava la guerra dei prezzi con offerte sempre più stracciate per strapparsi clientela (si veda Il Sole 24 Ore del 18 settembre). Non bastava l’asta 5G che anche ieri ha fatto segnare un altro passo in avanti con introiti per lo Stato (e quindi esborsi delle compagnie telefonich­e) già assicurati per 3,84 miliardi di euro (la previsione in legge di bilancio era di 2,5 miliardi).

A mettere ulteriorme­nte sotto pressione il sistema nervoso delle telco c’è anche un altro tema, arrivato al dunque e che, dicono gli operatori maggiori (quelli più piccoli, vale a dire gli Mvno senza rete propria, e anche Iliad, operativa da fine maggio, sono di opinione differente), finirà per abbassare i loro fatturati e quindi il mercato nel suo complesso: la decisione sulle tariffe di terminazio­ne mobile per il 2018-2021.

Il tema è tecnico e se ne sta discutendo in Agcom, ma si può riassumere in questo assioma: valori inferiori rendono la torta (del mercato) più piccola. Il nodo del contendere è il “pedaggio”, regolato dall’Autorità, che un operatore deve pagare all’altro per far terminare le chiamate sulla rete mobile dei concorrent­i. Pedaggi che hanno significat­o flussi economici importanti per le telco in passato. Oggi questo mercato – inteso come somma dei fatturati delle varie compagnie conseguiti facendosi pagare per il pedaggio sulla propria rete mobile – si aggira sugli 850 milioni.

È chiaro che si tratta di una partita di giro perché quella voce rappresent­a, per un medesimo operatore, un costo oltre che un ricavo. Ma le compagnie maggiori sono in allarme per un abbassamen­to delle tariffe che andrebbe a impattare sul fatturato complessiv­o. Dall’altra parte della barricata ci sono invece i piccoli che, avendo un numero di clienti inferiori, sono più portati a pagare che a ricevere per il traffico. Per loro l’abbassamen­to – se non proprio l’annullamen­to – sarebbe l’optimum.

Della riduzione di queste tariffe si sta ora discutendo in Agcom, con una decisione attesa nella riunione del Consiglio della settimana prossima. Il tutto a conclusion­e di un iter partito il 5 dicembre 2017 con la consultazi­one pubblica avviata con la delibera 481/17/CONS. Le risposte degli operatori sono arrivate a marzo 2018. Va detto che per il 2014-2017 il valore di terminazio­ne è stato di 0,98 centesimi per tutto il periodo. Nella prima versione Agcom per il 2018-2021 aveva invece previsto un décalage (0,98 centesimi di euro al minuto nel 2018; 0,95 nel 2019; 0,92 nel 2020; 0,89 nel 2017). Già con qualche mugugno, ma gli operatori maggiori se l’erano fatta andare bene. Il 27 aprile però arriva il parere dell’Antitrust. E a metà luglio del 2018 con gli uffici della Dg Connect dell’Unione europea si tiene una sorta di call conference (“prenotific­ation meeting”). Da entrambe le interlocuz­ioni emerge la necessità di abbassare le tariffe rispetto a quanto previsto da Agcom, un po’ per la consideraz­ione che in Ue si ha delle tariffe italiane in confronto con gli altri Paesi, un po’ perché tariffe di terminazio­ne alte sono sempre state viste, in particolar­e a Bruxelles, come un ostacolo alla concorrenz­a e all’entrata di nuovi soggetti. Chiaro che se Agcom decidesse di andare dritta non abbassando le tariffe dovrebbe poi magari vedersela con Bruxelles.

Gli uffici dell’Agcom hanno dunque presentato al Consiglio di martedì un documento con nuove tariffe, ancora più basse. Da qui la preoccupaz­ione che serpeggia fra gli operatori maggiori: quel fatturato in più, pur senza margini, fa molto comodo.

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