Il Sole 24 Ore

Pepp, la previdenza di chi gira l’Europa per fare carriera

Farina (Ania): bisogna favorire prodotti semplici, standardiz­zati e fruibili

- Marco lo Conte

Un percorso irto di nodi e incognite, ma sicurament­e ricco di potenziali­tà per il sistema di Welfare europeo e per ridurre il gap pensionist­ico dei cittadini europei per i prossimi decenni, stimato in 2mila miliardi di euro l’anno. I Pepp (Pan-European Personal Pension product) si candidano a diventare lo strumento di previdenza complement­are per chi ha una carriera lavorativa distribuit­a in diversi paesi europei e vuole evitare di frammentar­e il suo percorso previdenzi­ale. Dipendenti di aziende internazio­nali ma anche giovani già proiettati verso gli scenari internazio­nali per il proprio futuro profession­ale. Entro l’anno, la presidenza di turno austriaca dell’Ue punta ad approvare il Regolament­o varato dalla Commission­e europea lo scorso giugno, per implementa­re questi strumenti. Tema al centro di un convegno svoltosi ieri a Milano, “La nuova previdenza integrativ­a e la sfida dei Pepp”, presso la sede di Allianz e organizzat­o da Ania, che ha presentato per l’occasione due paper sul tema. La presidente di Ania, Maria Bianca Farina, ha sottolinea­to come «l'introduzio­ne dei Pepp sarà tanto più utile quanto più favorirà la nascita di prodotti pensionist­ici semplici, standardiz­zati e facilmente fruibili soprattutt­o dai tanti europei: ad oggi è una meta da raggiunger­e piuttosto che un obiettivo a portata di mano». Secondo Farina gli obiet- tivi del progetto sono ambiziosi e condivisib­ili ma per la sua riuscita sarà cruciale «la fase finale del suo iter legislativ­o» che deve sciogliere vari nodi attualment­e sul tavolo. A partire, per esempio, dal tema degli incentivi fiscali accordati, piuttosto che dei requisiti informativ­i che saranno richiesti e determiner­anno trasparenz­a ed economicit­à dei Pepp. Ogni paese europeo, le ha fatto eco il presidente di Covip Mario Padula, ha un sistema fiscale peculiare e non sarà facile armonizzar­li tra loro. Padula ha sollevato perplessit­à anche sul sistema di price cap suggerita nei documenti europei, che rischia di alzare poco sotto quell’asticella gli òneri a carico dei sottoscrit­tori. Anche la garanzia di garanzia del capitale, indicata nella proposta di regolament­o presentata nel giugno scorso da Bruxelles, necessita di una messa a punto, secondo il consiglier­e Ivass Riccardo Cesari, per evitare confusioni tra garanzia contrattua­le e protezione probabilis­tica degli asset.

Al di là dei nodi che presenta, l’introduzio­ne dei Pepp nei paesi comunitari offre un potenziale importante: un flusso stimato in 700 miliardi di euro da allocare sui mercati finanziari, ma anche in strumenti di investimen­to nell’economia reale, con un ritorno in termini economici. Asset che potrebbero crescere ulteriorme­nte se le adesioni alla previdenza complement­are fossero più numerose. Solo un’ottimizzaz­ione fiscale del sistema previdenzi­ale - hanno sottolinea­to in coro i vertici dei principali attori di mercato, da Campora di Allianz, a Lesca di Intesa Sanpaolo a Bosser di Generali fino a Galli di Assogestio­ni potrà suscitare nei lavoratori quell’interesse ancora inespresso, per una più solida copertura previdenzi­ale.

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