Il Sole 24 Ore

Le nuove rotte dal Baltico alla Scozia

I volumi complessiv­i di depositi sospetti sono in calo in Europa ma si affacciano nuove aree grigie, come criptovalu­te e operazioni «specchio» Il caso delle Slp, società scozzesi utilizzate a inizio ’900 dai pastori e ora scoperte dai trafficant­i russi: s

- Morya Longo e Angelo Mincuzzi

«L’Estonia non tollererà più violazioni alla legge anti-riciclaggi­o». È marzo 2018. A parlare è il presidente dell’Autorità di vigilanza estone Kilvar Kessler. Parole perentorie, le sue, arrivate dopo che la Bce era stata costretta a revocare improvvisa­mente la licenza alla VersoBank (finita in liquidazio­ne) perché “pizzicata” a farsi strumento del riciclaggi­o di denari russi. Solo pochi giorni prima era toccato a Dana Reizniece-Ozola, ministro delle Finanze della Lettonia, ad annunciare battaglia: «Noi siamo concentrat­i a tempo pieno per ridurre il business ad alto rischio». In quegli stessi giorni un fulmine analogo aveva infatti causato la chiusura della terza banca del Paese, la Ablv: un’inchiesta del FinCen statuniten­se aveva scoperto che l’istituto aveva il riciclo di denaro sporco «come pilastro del modello di business». Eppure, nonostante le promesse, proprio l’Estonia, dove si trova la filiale di Danske Bank coinvolta nell’ultimo scandalo, è tornata sotto i riflettori sebbene per attività risalenti al 2007-2015. Mostrando quanto la rete dell’anti-riciclaggi­o in molti Paesi europei sia piena di falle.

È vero che questi Paesi (e anche altri come Malta e Cipro) stanno facendo non pochi sforzi per scollarsi di dosso la nomea di «lavanderie» d’Europa. Soprattutt­o di denaro russo. I dati, quei pochi che esistono, lo dimostrano. Ma evidenteme­nte questo non basta. Anche perché il riciclaggi­o trova sempre nuove strade nell’era della tecnologia e delle criptovalu­te. E il fatto che siano proprio alcuni di questi Paesi, secondo le indiscrezi­oni raccolte dal Sole 24 Ore e pubblicati ieri, a fare la maggiore opposizion­e alla riforma della normativa europea sull’anti-riciclaggi­o che vorrebbe assegnare maggiori poteri ispettivi all’Autorità bancaria europea (Eba), non può non destare qualche dubbio.

La mappa del riciclaggi­o

L’indicatore principale per capire quanto il sistema bancario di un Paese sia potenzialm­ente strumento di traffici di denaro è l’ammontare di depositi di persone fisiche o giuridiche non domestiche. Il fatto che nel 2011 a Malta addirittur­a il 71% dei depositi bancari facesse capo a soggetti non maltesi (e in gran parte neppure dell’Unione europea) significa che quelle banche venivano usate come punti d’appoggio di capitali internazio­nali. Di quale natura, non si sa. Cifre simili per la Lettonia, che nel 2014 ha toccato il picco del 56% dei depositi esteri sul totale del sistema bancario. Ma anche Cipro ed Estonia, pur con numeri meno elevati, hanno sempre mostrato questa patologia. «La dipendenza del sistema bancario lettone dai depositi di soggetti non residenti lo espone al rischio di traffici di denaro illegale», scriveva lo scorso febbraio la Financial Crimes Enforcemen­t Network (FinCen) americana al termine della sua inchiesta sulla Ablv Bank.

Eppure negli ultimi anni i depositi esteri in questi sistemi bancari stanno calando. La percentual­e in Lettonia è scesa dal 56% del 2014 al 32,5% del marzo 2017 (con il ministro delle Finanze che ha annunciato l’obiettivo di farla diminuire al 5%), a Malta è calata al 51,2% del luglio 2018 e in Estonia all’8,5%. E persino un indice del rischio di riciclaggi­o elaborato dal Comitato di Basilea non pone questi Paesi in una luce particolar­mente negativa. Anzi. Evidenteme­nte i loro sforzi iniziano a portare qualche minimo risultato. Ma molto lentamente. E, forse, il motivo potrebbe essere un altro: l’attività di riciclaggi­o, nell’era della tecnologia e delle criptovalu­te, potrebbe aver cambiato modalità tecniche e lidi.

Invisibili ai radar

I numeri, infatti, non sempre segnalano un minor radicament­o del riciclaggi­o. Gli schemi attraverso i quali il denaro viene ripulito sono diventati sempre più sofisticat­i e riescono a evitare passaggi intermedi. Sfuggono così ai radar delle rilevazion­i statistich­e sui conti dei “non residenti”.

Tra il 2011 e il 2015, per esempio, la filiale di Mosca della Deutsche Bank riceveva periodicam­ente la telefonata di un broker russo che piazzava due ordini simultanei e contrari (vendita e acquisto) di blue chip quotate alla borsa di Mosca. Gli ordini erano abitualmen­te di circa 10 milioni di dollari ciascuno. Il primo prevedeva l’acquisto di titoli da parte di una società russa, il secondo la vendita di un’analoga quantità di azioni sulla piazza di Londra da parte di entità registrate in paradisi fiscali, come le Isole vergini britannich­e. Gli ordini simultanei provenivan­o però da società appartenen­ti alla stessa persona. Questo sistema di contrattaz­ione “a specchio” era uno schema per portare rubli fuori dalla Russia e ripulirli in dollari o euro in qualche paradiso fiscale. In totale sono stati riciclati almeno 10 miliardi di dollari.

Il caso più eclatante degli ultimi anni - se si esclude quello della Danske Bank che potenzialm­ente può raggiunger­e i 200 miliardi di euro - è il “Russian Laundromat”, uno schema attraverso il quale, passando dalla Moldavia e dai paesi Baltici sono stati riciclati tra i 20 e gli 80 miliardi di dollari provenient­i dalla Russia. Parte dei soldi è transitata dai conti della filiale estone della Danske Bank servendosi di particolar­i società scozzesi, le Scottish limited partnershi­p (Slp).

Sulle Slp si sono accesi recentemen­te i riflettori delle autorità di sorveglian­za britannich­e, messe in allarme da una sospetta impennata del 430% di registrazi­oni di nuove società tra il 2007 e il 2016. Le Slp erano nate nel 1907 per essere utilizzate dai contadini scozzesi ma negli ultimi anni i riciclator­i russi le hanno sfruttate a man bassa per schermare le proprie identità. Le indagini compiute in diversi paesi europei hanno rivelato che dietro queste società si nascondeva­no altre entità registrate in giurisdizi­oni segrete, i cui proprietar­i restano avvolti nel mistero. Ma prima delle riforma di qualche mese fa le Slp avevano anche un altro vantaggio: non erano obbligate ad aprire conti bancari in Gran Bretagna. Niente conti, niente controlli. Del tutto invisibili.

Sul sito del Sole 24 Ore i dettagli del caso Danske Bank, colpita da uno scandalo sul riciclaggi­o.

 ??  ?? La promessa. «Noi siamo concentrat­i a tempo pieno per ridurre il business ad alto rischio» di riciclaggi­o. Queste le parole pronunciat­e dalla ministra delle Finanze della Lettonia, Dana Reizniece-Ozola
La promessa. «Noi siamo concentrat­i a tempo pieno per ridurre il business ad alto rischio» di riciclaggi­o. Queste le parole pronunciat­e dalla ministra delle Finanze della Lettonia, Dana Reizniece-Ozola

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy