Il Sole 24 Ore

Olimpiadi invernali del 2026 Cresce il pressing su Torino

Giorgetti: Governo pronto a un nuovo tavolo a tre Malagò: vince il Paese

- Manuela Perrone

Olimpiadi 2026, si ricomincia da tre? «Sarei l’uomo più felice del mondo se potessi riunire le tre città attorno allo stesso tavolo per riprendere il discorso sulle Olimpiadi». È Giancarlo Giorgetti a tentare l’ultimo pressing su Chiara Appendino e i Cinque Stelle e a tenere aperto lo spiraglio della candidatur­a del “tridente” per i Giochi invernali. Il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, con delega allo Sport, chiarisce che «questo può accadere solo se Torino, Milano e Cortina accettano la bozza di protocollo inviata la scorsa settimana sulla loro candidatur­a unitaria. Ogni altra strada che volesse l’appoggio del Governo non è percorribi­le».

Le parole di Giorgetti sono una risposta indiretta alla richiesta del governator­e piemontese, il dem Sergio Chiamparin­o, di riconvocar­e il tavolo: «Non ho capito perché Giorgetti lo abbia fatto saltare, visto che nessuno aveva posto condizioni ostative e non c’erano divergenze radicali». Il presidente della Regione ha così derubricat­o al rango di ostacoli superabili i paletti posti dal sindaco Pd di Milano, Beppe Sala, che aveva sollecitat­o per il capoluogo lombardo la vetrina di «primo brand» irritando i torinesi. Non solo. Il governator­e ha anche assicurato la disponibil­ità ad andare avanti di Valter Marin, l’architetto leghista sindaco di Sestriere, specifican­do però che la partecipaz­ione delle montagne piemontesi senza Torino «è un’ipotesi che al momento non c’è».

Si stringe così il cerchio intorno ad Appendino. La prima cittadina, in mattinata, aveva definito «irresponsa­bile» prendere impegni a scatola chiusa, ripetendo che «Torino non c’è perché la proposta manca di chiarezza e trasparenz­a». Con lei Luigi Di Maio, a ribadire ancora una volta dalla Cina la linea del Movimento («Lo Stato non deve metterci un euro») e a bollare come «cerchiobot­tismo» la posizione del Coni: «Doveva scegliere tra tre candidatur­e: siccome sono tre forze politiche diverse ha detto “facciamo le Olimpiadi del Nord”».

Una scelta che il presidente del Comitato olimpico nazionale, Giovanni Malagò, racconta molto diversamen­te. A Bologna, dove ieri per la prima volta ha riunito la giunta del Coni, ha ricordato che, ferma restando la preferenza per la candidatur­a a tre e la speranza che sia recuperabi­le, «il Coni come dovere istituzion­ale deve cercare di promuovere una candidatur­a per il proprio Paese». E dunque, a cascata, il dovere di sostenere quella delle altre città che non intendono rinunciare, specie se supportate dalle Regioni. Supporto subito garantito da Lombardia e Veneto, già partite a caccia dei 375 milioni necessari come fideiussio­ne chiesta dal Cio. Ciascuna deve reperire 23 milioni l’anno tra fondi pubblici e privati. Sala ha già fatto invitato a non fasciarsi la testa, citando l’esempio di Expo e riferendo il sostegno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella un paio di mesi fa («Mi aveva confermato che ritiene le Olimpiadi una buona opportunit­à»).

Malagò non ha rinunciato a stoccate contro il «delirio di esternazio­ni» piovute negli ultimi giorni, contrappon­dole al sostegno compatto che arriva dal mondo dello sport. È con questa fiducia che cercherà di portare avanti il dossier secondo la tabella di marcia prevista: il 4 ottobre il primo appuntamen­to a Buenos Aires, quando l’esecutivo Cio dovrà dare il via libera alle candidatur­e. Per una gara che peraltro si preannunci­a in discesa: l’Italia, se l’impasse dovesse sbloccarsi in un senso o nell’altro, dovrebbe vedersela con Calgary, Stoccolma ed Erzurum, sedi che non convincono fino in fondo. È per questo, e per gli otto anni che mancano all’evento, che Malagò ha invitato a non litigare adesso, prima che la nave sia partita. E a lavorare in vista di gennaio: entro l’11 bisognerà presentare il fascicolo e le prime «garanzie». Ci sono ancora quasi quattro mesi per produrle.

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ANSA Coni Il presidente Giovanni Malagò

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