Tempismo sospetto per le accuse del Nyt
Un reportage dalla Puglia sul lavoro sottopagato per i marchi del lusso
La scelta per la pubblicazione del reportage è sospetta: nel giorno in cui le sfilate milanesi sono entrate nel vivoo, con gli show, tra gli altri, di Armani, Fendi, Prada e Max Mara, il New York Times ha lanciato un duro attacco al sistema italiano della moda. Ieri, in prima pagina, il quotidiano americano – che nell’era di Trump si è autopromosso a difensore dei lettori dalle fake news – titolava: Fashion shadow economy in the south of Italy.
Molto gravi le accuse dell’autrice del reportage dalla Puglia, Elizabeth Paton. Nella regione, scrive, ci sarebbero migliaia di donne che lavorano da casa per pochi euro all’ora, creando con grande maestria e know how artigianale capi che vengono poi venduti nei negozi per migliaia di euro. L’aggettivo “shadow” non è casuale: non è lavoro nero, ammette lo stesso New York Times, bensì lavoro ombra. Cioè sottopagato, poco tutelato, che sfugge in parte al fisco e del quale beneficiano solo le aziende che commissionano alle lavoratrici pugliesi la creazione di prodotti di lusso. Il tempismo del Times è sospetto anche perché, come ha sottolineato il presidente della Camera della moda Carlo Capasa, non si citano denunce né inchieste né multe. Strano pare inoltre che l’Italia e il suo sistema siano attaccati proprio dopo che l’ultima fashion week di New York ha mostrato la sua inconsistenza e incapacità di competere con Milano. A disturbare di più però sono forse le parole finali del reportage, che sarebbero state pronunciate da un’anonima lavoratrice pugliese: «È ingiusto, ma è così e non possiamo farci nulla. Questa è l’Italia». Il peggiore degli stereotipi insomma, che, forse, meriterebbe una risposta istituzionale.