Frenano i nuovi contratti a termine Più rapporti fissi e stabilizzazioni
A luglio +24.729 «precari» (46.270 a giugno). Da 31.841 a 42.987 le trasformazioni Il 25 settembre udienza alla Consulta sugli indennizzi previsti dal Jobs act
La prima fotografia dell’Inps sui nuovi contratti di impiego a luglio conferma l’andamento “fiacco” del mercato del lavoro. Il saldo dei rapporti a termine, dopo i picchi registrati nei mesi scorsi, sale di 24.729 unità (a giugno la variazione netta dei contratti a termine è stata più elevata, 46.270 rapporti, a luglio 2017, vale a dire nel confronto tendenziale, si viaggiava a un ritmo ancor più forte, +57.503 contratti).
I nuovi rapporti a tempo indeterminato tornano invece a salire, +15.706 contratti, complice, in parte, un incremento delle trasformazioni di rapporti precari esistenti (passate in un mese da 31.841 a 42.987), che non spiega, tuttavia, per intero la frenata registrata sui contratti a tempo determinato. Sull’anno, poi, la variazione netta (attivazioni meno cessazioni) dei contratti stabili rimane negativa (-5mila rapporti, ma nei primi sette mesi dell'anno si sale di 156.286 unità), a testimonianza di una difficoltà, più generale, nel rilanciare su larga scala i contratti permanenti, dopo la fine degli sgravi, pieni e generalizzati, targati Jobs act (esonero integrale, fino a 8.060 euro, per tre anni).
Certo, si tratta di numeri ancora parziali; bisogna, quindi, attendere una loro stabilizzazione. Ma non c’è dubbio che una crescita debole unita all’incertezza delle nuove regole introdotte dal decreto dignità, in vigore dal 14 luglio, stiano al momento “consigliando” cautela agli operatori (si guarda con attenzione anche alle scelte che verranno concretamente effettuate in legge di bilancio, dopo i tanti e variegati annunci di esponenti del governo “giallo-verde” sulla necessità di puntare su misure ad hoc per sostenere lavoro e imprese).
C’è, inoltre, attesa per la decisione della Corte costituzionale sulle “tutele crescenti”, operative dal 7 marzo 2015, che, per i nuovi assunti a tempo indeterminato, hanno limitato la tutela reale nei casi di licenziamento illegittimo, sostituendola con indennizzi monetari , appunto, crescenti in funzione dell’anzianità aziendale. A sollevare questione di legittimità costituzionale è stato il tribunale di Roma. L’udienza pubblica è fissata per martedì 25 settembre (nel mirino è la disciplina dell’indennità risarcitoria, in particolare l’entità degli indennizzi, minimo e massimo, recentemente ritoccati al rialzo dal decreto dignità).
In questo quadro di “assestamenti” il mercato occupazionale mostra luci e ombre: la crescita, seppur sempre meno forte, dei contratti a termine sconta, in parte, anche la “corsa” a proroghe e rinnovi dei rapporti in essere per sfuggire alla stretta su causali, durate (ridotte) e aggravio di costi, delineata in estate dall’esecutivo Conte.
La somministrazione (ugualmente interessata dal giro di vite normativo - e da un regime transitorio molto complesso) vive una fase di stallo, con le agenzie per il lavoro alle prese con la corretta interpretazione delle nuove regole (con un elevato rischio di “turn-over” tra i lavoratori interinali).
L’apprendistato continua a evidenziare numeri modesti, ma positivi (+59.214 nuovi rapporti nei primi sette mesi dell’anno).
Il tema “costo del lavoro” - unito a commesse e ripresa economica - resta decisivo nelle scelte assunzionali delle imprese: una dimostrazione è l’incentivo triennale, parziale, per stabilizzare under35. Una misura utile, ma da gennaio a luglio lo sgravio ha interessato poco più di 70mila contratti stabili, il 6,95% del totale assunzioni e trasformazioni attivate nello stesso periodo.
La cassa integrazione guadagni è in riduzione ormai da più di un anno, il tiraggio, vale a dire l’effettivo utilizzo delle ore di Cig da parte delle imprese, nel periodo cumulato gennaiogiugno, si attesta al 34,7 per cento. Schizzano invece in alto le domande di disoccupazione: a luglio sono state presentate 279.836 istanze, il 9,4% in più rispetto alle 255.710 pratiche inoltrate a luglio 2017. Su questi numeri pesano, in particolare, tre fattori, concatenati tra di loro: regole più stringenti, e onerose per gli imprenditori, sulla cassa integrazione, crisi aziendali ancora in corso (che coinvolgono in prima battuta lavoratori nella fascia centrale d’età) e politiche attive ancora al palo (dall’entrata a regime, lo scorso maggio, sono stati richiesti meno di 2mila assegni di ricollocazione in tutt’Italia).