Tiare e corone protagoniste nei secoli tra stile e potere
Per diventare duchessa di Cambridge (e, potenzialmente, futura regina), nel 2011 Kate Middleton scelse la Cartier Halo Scroll Tiara, che re Giorgio VI commissionò per la moglie nel 1936 e fu regalata alla Regina Elisabetta il giorno del suo diciottesimo compleanno. Anche Meghan Markle, neo sposa del principe Harry, per convolare a nozze al castello di Windsor ha preso in prestito un gioiello della Regina: la Queen Mary's Filigree tiara, ornata da un diamante centrale.
Se le due new entry della famiglia reale inglese lo hanno fatto per protocollo, c’è chi sceglie di indossare corone e tiare per vezzo o per seguire i dettami delle griffe ( Saint Laurent e Dolce&Gabbana, per citare due big brand che le hanno mandate in passerella). Tiare e corone, tuttavia, sono ben altro: simboli del potere, che hanno saputo attraversare il tempo e lo spazio ornando teste (davvero coronate e non) in tutto il mondo.
A loro è dedicata la mostra “I gioielli del potere: corone e tiare”, in allestimento da domani al 17 marzo 2019 al Museo del Gioiello di Vicenza. Curata da Alessandra Possamai, conta 30 pezzi diversi per stile, epoca, identità. «A fare la selezione abbiamo impiegato circa due anni - racconta Alba Cappellieri, presidente del Museo del Gioiello - nel tentativo di creare un percorso che racconta questi gioielli speciali che attraversano mondi e simboli diversi».
Corone e tiare sono, in primis, gioielli unici nel loro genere: «Non ornano le parti del corpo tradizionalmente legate ai gioielli come il décolleté, i polsi e le mani, ma la testa. Le corone nascono dall’evoluzione delle ghirlande che nell’antica Grecia venivano indossate sul capo dai vincitori delle competizioni sportive e quindi erano legate al tema della vittoria, ma non dello status sociale», continua Cappellieri.
La mostra si snoda attraverso epoche e universi ben distinti tra loro e, nonostante questo, uniti dal protagonismo delle tiare e delle corone: indossate sul palco di un teatro dell’opera o su una passerella di moda, nel Settecento oppure nel 2018. «Lo spettro di utilizzo di questi gioielli è davvero ampio e abbiamo cercato di rappresentarlo al meglio - continua la presidente -: dalla religione, che abbiamo scelto di rappresentare con la corona di una statua della Madonna di Monte Berico, e quindi una reliquia, ai concorsi di bellezza come Miss Italia, di cui custodiamo la corona».
L’obiettivo del Museo del Gioiello, che lavora in piena sinergia con Vicenza, è secondo Cappellieri quello di «aprire la testa di chi ci visita. Abbiamo nove sale ciascuna delle quali rappresenta un’idea diversa di gioiello e il nostro compito è proprio quello di esplorare le diverse anime dei gioielli, più o meno preziosi. Il nostro è un museo per nulla statico e non univoco».