Il Sole 24 Ore

Impegno del Governo sul riporto delle perdite nel regime per cassa

- Salvina Morina e Tonino Morina

Apertura del Governo, che intende risolvere il pasticcio creato dal legislator­e sul mancato riporto delle perdite per le imprese in regime di contabilit­à semplifica­ta per cassa. A seguito di un’interrogaz­ione parlamenta­re presentata ieri dagli onorevoli Pagano e Centemero è stata immediata la risposta del Governo «che si propone di intervenir­e, compatibil­mente con i vincoli di bilancio, nel senso auspicato dagli Onorevoli interrogan­ti». Per gli interrogan­ti, si deve «scongiurar­e il rischio di fallimento di due milioni di imprese eventualme­nte introducen­do una norma correttiva che, in caso di perdite, consenta il riporto delle stesse negli anni successivi, senza limitazion­e alcuna».

Questo perché, a partire dal 2017, il regime di contabilit­à semplifica­ta prevede la deduzione integrale delle rimanenze finali nel primo anno in cui si applica il criterio di cassa. È infatti stabilito che il reddito d’impresa del periodo d’imposta in cui si applicano le norme relative alle imprese minori in regime di contabilit­à semplifica­ta è ridotto delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il criterio di competenza. Il “passaggio” dal criterio di competenza a quello di cassa prevede perciò la rilevanza, come componente negativo, dell’importo delle rimanenze finali che, nella stragrande maggioranz­a delle imprese commercial­i, determina una chiusura in perdita che, per legge, non potrà essere riportata negli anni successivi. La mancata previsione del “riporto” delle perdite in anni successivi può comportare gravi conseguenz­e alle imprese con rimanenze finali di ammontare elevato. Gli effetti che ne derivano potrebbero comportare:

 un rilevante risultato negativo nel 1° anno di passaggio dal criterio di competenza a quello di cassa;  redditi d’impresa esagerati negli anni successivi.

I contribuen­ti potenzialm­ente interessat­i sono oltre due milioni, di cui circa 439mila società di persone, tra Snc e Sas, e 1,76 milioni di imprendito­ri individual­i. Sono considerat­e “minori”, le imprese di servizi con ricavi non superiori a 400mila euro o a 700mila euro per le imprese aventi per oggetto altre attività.

La “palla” passa ora al Governo che si è proposto di intervenir­e, per rimediare ad una palese svista del legislator­e. Il rimedio è semplice. Nella determinaz­ione del reddito, le imprese dovranno tenere conto sia delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente, sia delle rimanenze finali del periodo d’imposta che forma oggetto della dichiarazi­one dei redditi. In questo modo, si eviteranno gli effetti anomali di perdite rilevanti in un anno e redditi esagerati in altre annualità.

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