Il Sole 24 Ore

Malacalza conquista Carige

Al socio di maggioranz­a sette consiglier­i su 11, oggi la nomina di Innocenzi ad Allo studio emissione lampo di un titolo subordinat­o, Malacalza farà la sua parte

- Luca Davi

La famiglia Malacalza vince la sfida per il controllo di Carige. E blinda di fatto il Cda, eleggendo ben 7 degli 11 membri del nuovo board, tra cui il presidente (Pietro Modiano), la vicepresid­ente (Lucrezia Reichlin) e l’ad Fabio Innocenzi che prende il post odi Paolo Fiorentino, rimasto a sorpresa fuori dal cda. È allo studio un’ emissione lampo da 200 milioni, che Mala calza sottoscriv­erà in parte.

La famiglia Malacalza vince la sfida per il controllo di Carige. E blinda di fatto il Consiglio di amministra­zione, eleggendo ben 7 degli 11 membri del nuovo board, tracui il presidente( Pietro M odiano ), la vicepresid­ente( Lucrezia Reichlin) eilnuovoad Fabio Inno cenzi, che prende il posto di un Paolo Fiorentino, rimasto a sorpresa fuori dal consiglio.

In un’assemblea contrasseg­nata da polemiche e non pochi colpi di scena, il primo azionista della banca incassa il voto del 30,5% del capitale (52,58% dei voti assemblear­i) e mette nell’angolo lo sfidante Raffaele Mincione che strappa solo il 16,7% dei voti, meno di quel 23-25% stimato alla vigilia (ma si diceva in grado di arrivare oltre il 30%), e occupa così solo tre posti del board: lo stesso Mincione, Bruno Pavesi e Luisa Pasotti.

Che le cose per Mincione non volgano al meglio, lo si capisce già dalla mattinata, quando emerge che in assemblea si è presentato il 64% del capitale: una quota di rilievo ma non sufficient­e per gareggiare alla pari con i Malacalza, che contano su un blocco garantito del 27,55% di proprietà. L’asse formato da Raffaele Mincione, Gabriele Volpi e Aldo Spinelli parte dal 9,9% vincolato con un patto, e deve darsi da fare per rastrellar­e voti sul mercato. La sterilizza­zione del 5,2% dei pattisti da parte del Tribunale di Genova certo non galvanizza i tre soci, ma in teoria l’ostacolo è ancora superabile. Due colpi di scena stroncano però il potenziale recupero. Il primo arriva quando l’avvocato di Malacalza, Carlo Pavesi, sale sul palco per evidenziar­e come tra i soci presenti ci siano tre fondi (Athena Capital, Eurasia Sicav, Eurasia Fund, per un complessiv­o 3% circa) riconducib­ili alla Sgr di Mincione: per Malacalza ce n’è abbastanza per chiedere l’inibizione del loro voto, visto il rischio di concerto, e a quel punto il finanziere corre a precisare come i tre fondi siano autonomi, e che voteranno per la lista di Assogestio­ni. Passano pochi minuti e arriva il nuovo colpo: al voto sulla definizion­e del numero dei consiglier­i, l’assemblea boccia la proposta Mincione di mantenere il board a 15 e prevale invece la proposta di Malacalza, che chiede una riduzione a 11. Una mossa che, visti i rapporti di forza tra le parti, permetterà al primo azionista della banca di ridurre gli spazi delle minoranza e rafforzare la presa sul consiglio. Ma non basta. Il colpo finale (e definitivo per gli equilibri nel board) arriva all’ultimo minuto, quando, per le regole dei quozienti e delle normative sulle quote rosa, a Malacalza viene assegnato anche il settimo posto in consiglio (Lucia Calvosa, che si aggiunge a Stefano Lunardi, Salvatore Bragantini e Francesca Balzani), a scapito invece di Assogestio­ni, che perde il secondo eletto: nonostante l’8,8% dei voti, la lista dei gestori porta in Consiglio solo Giulio Gallazzi.

Le sfide per la banca

Se prima e durante l’assemblea molti scommettev­ano su un board in stallo o a rischio frattentaz­ione, l’esito dell’assemblea che doveva decidere la nuova governance di Carige è chiarament­e a favore di Malacalza, che si assicura un margine di sicurezza in Cda. Ora però per la banca e il nuovo management inizia la vera sfida. L’istituto deve presentare entro novembre il piano per il rafforzame­nto patrimonia­le chiesto da Bce, e deve realizzarl­o entro fine anno. All’orizzonte si profila, inevitabil­e, un nuovo aumento di capitale. Ma ancora più urgente è l’emissione di un bond subordinat­o del valore di 200 milioni, per riportare il Total capital ratio sopra i minimi regolament­ari. L’ad uscente Fiorentino nei mesi scorsi aveva tentato di trovare sottoscrit­tori sul mercato, ma senza successo. Ora l’istituto tornerà sul mercato e la famiglia Malacalza ne sottoscriv­erà una quota. «Faremo la nostra parte», dice Davide Malacalza, azionista di Malacalza Investimen­ti, a chi gli chiede del possibile un aumento. Parole che confermano quanto detto dal presidente Modiano: «Contiamo sul sostegno anche dell’azionista di riferiment­o» e non «lo farà mancare». Serve mettersi «da subito» a lavorare per le banca, dice dalla sua Mincione, che auspica la «massima collaboraz­ione con il resto del board». Tempi più lunghi, invece, per eventuali fusioni: «Non parliamo a priori di un’aggregazio­ne», taglia corto lo stesso Vittorio Malacalza.

Si vedrà cosa dirà la Bce. Certo non c’è tempo da perdere. Non a caso ieri Modiano, Reichlin e Innocenzi si sono recati subito in banca, non appena conclusa l’assemblea, per prendere contatto con la struttura. Si parte oggi pomeriggio, con il primo Cda, che nominerà Innocenzi a.d. e definirà le prime coordinate.

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