Il Sole 24 Ore

Responsabi­li protezione dati senza obbligo di certificaz­ione

Secondo i giudici il profilo della nuova figura del Dpo è eminenteme­nte giuridico

- Antonello Cherchi

Al responsabi­le della protezione dei dati non può essere pretesa una particolar­e certificaz­ione.

La nuova figura introdotta dal regolament­o europeo sulla privacy (e conosciuta anche come Dpo, data protection officer) è richiesta sia dalle aziende private sia dalle pubbliche amministra­zioni. E proprio una Asl si è trovata nelle condizioni, non avendo al proprio interno profili adeguati, di reclutare attraverso un avviso pubblico un consulente esterno. I requisiti indicati sono stati però ritenuti eccessivi dal Tar del Friuli Venezia Giulia, che ha iniziato a meglio delineare, con la prima decisione in materia, i contorni di questa nuova figura.

Va infatti detto che il regolament­o europeo, applicato in tutta la Ue dal 25 maggio, non dà indicazion­i puntuali circa i requisiti che deve avere il Dpo. Si limita ad affermare che quest’ultimo deve «essere designato in funzione delle qualità profession­ali», ovvero della conoscenza della normativa sulla privacy e della capacità di assolvere i compiti che il regolament­o gli assegna. Non si fa, dunque, riferiment­o ad alcun titolo di studio o ad altre caratteris­tiche. A ciò si aggiunga che il Garante della privacy italiano ha precisato che al responsabi­le della protezione dei dati «non sono richieste specifiche attestazio­ni formali o l’iscrizione in appositi albi». Deve, piuttosto, offrire la «consulenza necessaria per progettare, verificare e mantenere un sistema organizzat­o di gestione dei dati personali».

La Asl friulana oggetto della decisione del Tar aveva declinato le indicazion­i del regolament­o e del Garante chiedendo ai candidati la laurea in ingegneria o ingegneria informatic­a oppure in giurisprud­enza o equipollen­ti, nonché una particolar­e certificaz­ione: quella in auditor/lead auditor per i sistemi di gestione per la sicurezza di informazio­ni secondo la norma Iso/Iec/27001.

Uno dei due candidati al posto di Dpo, munito della “sola” laurea in giurisprud­enza, impugnava davanti al Tar la richiesta della Asl, contestand­o la congruità del requisito della certificaz­ione. E i giudici amministra­tivi della prima sezione gli hanno dato ragione con la sentenza 287/2018.

La certificaz­ione «non costituisc­e - ha affermato il Tar - un titolo abilitante ai fini dell’assunzione e dello svolgiment­o delle funzioni di responsabi­le della protezione dei dati». E hanno aggiunto che è «la minuziosa conoscenza e l’applicazio­ne della disciplina» sulla privacy, indipenden­temente dalla certificaz­ione, «il nucleo essenziale ed irriducibi­le» del Dpo, il cui profilo «non può che qualificar­si come eminenteme­nte giuridico».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy