Airbnb punta a distribuire titoli ai padroni di casa più fedeli
La prima a provarci, tra le aziende della gig economy (l’economia dei lavoretti o del lavoro on demand) è stata Juno, una startup del ride-hailing, ovvero del trasporto privato alternativo ai taxi. Ma anche il gigante californiano del settore, Uber, ha avviato da tempo colloqui con la Sec (Securities and Exchange Commission, la Consob americana). Finora non ci sono riuscite.
Sarà dunque interessante vedere se a rompere il ghiaccio sarà Airbnb. Il colosso degli affitti brevi gestiti da privati nato 10 anni fa (oltre 5 milioni di annunci in 81mila città in 191 Paesi) ha scritto all’ente federale presieduto da Jay Clayton per chiedere che i padroni di casa «più fedeli» possano diventare azionisti.
Airbnb, ha dichiarato al sito Axios il Ceo Brian Chesky, «non sarebbe nulla» senza le persone che mettono a disposizione le proprie case per affitti di breve durata. Formula fortunata, ma anche causa di più di un contenzioso nel mondo e la reazione di diversi governi, che hanno incominciato a pretendere permessi e regole più stringenti, anche a San Francisco, sede di Airbnb. Chesky spinge perché le regole cambino. Al centro della richiesta alla Sec c'è la Rule 701 della legge chiamata Securities Act. Per effetto di questa norma al momento una società privata come Airbnb può distribuire titoli solo a investitori e dipendenti, oltretutto per un massimo di 2000 soci (come stabilito dalla sezione 12g dell’Exchange Act), altrimenti viene chiamata a rendere noti pubblicamente i dettagli delle proprie finanze. Infine il governo federale dovrebbe studiare le implicazioni fiscali dello stock-sharing. Strada tortuosa, quindi, e ancora piuttosto lunga.