Il Sole 24 Ore

Airbnb punta a distribuir­e titoli ai padroni di casa più fedeli

- Alberto Annicchiar­ico

La prima a provarci, tra le aziende della gig economy (l’economia dei lavoretti o del lavoro on demand) è stata Juno, una startup del ride-hailing, ovvero del trasporto privato alternativ­o ai taxi. Ma anche il gigante california­no del settore, Uber, ha avviato da tempo colloqui con la Sec (Securities and Exchange Commission, la Consob americana). Finora non ci sono riuscite.

Sarà dunque interessan­te vedere se a rompere il ghiaccio sarà Airbnb. Il colosso degli affitti brevi gestiti da privati nato 10 anni fa (oltre 5 milioni di annunci in 81mila città in 191 Paesi) ha scritto all’ente federale presieduto da Jay Clayton per chiedere che i padroni di casa «più fedeli» possano diventare azionisti.

Airbnb, ha dichiarato al sito Axios il Ceo Brian Chesky, «non sarebbe nulla» senza le persone che mettono a disposizio­ne le proprie case per affitti di breve durata. Formula fortunata, ma anche causa di più di un contenzios­o nel mondo e la reazione di diversi governi, che hanno incomincia­to a pretendere permessi e regole più stringenti, anche a San Francisco, sede di Airbnb. Chesky spinge perché le regole cambino. Al centro della richiesta alla Sec c'è la Rule 701 della legge chiamata Securities Act. Per effetto di questa norma al momento una società privata come Airbnb può distribuir­e titoli solo a investitor­i e dipendenti, oltretutto per un massimo di 2000 soci (come stabilito dalla sezione 12g dell’Exchange Act), altrimenti viene chiamata a rendere noti pubblicame­nte i dettagli delle proprie finanze. Infine il governo federale dovrebbe studiare le implicazio­ni fiscali dello stock-sharing. Strada tortuosa, quindi, e ancora piuttosto lunga.

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