Uber, trattativa per rilevare Deliveroo
Foodora ha deciso di lasciare l’Italia e altri mercati non redditizi da questa estate ma è l’intero settore del food delivery, da qualche tempo emblema della gig economy, a essere in fermento. È di ieri la notizia che Uber, il gigante californiano del ride-hailing (in italiano, trasporto privato alternativo ai taxi), ha avviato una trattativa per l’acquisto della britannica Deliveroo.
È una delle prime mosse del nuovo ceo Dara Khosrowshahi, che evidentemente oltre a un rapido recupero della reputazione in vista della quotazione non vuole limitare Uber a «diventare la piattaforma per i trasporti più sicura del pianeta», come ha dichiarato di recente al Sole 24 Ore, ma vuole aprire l’attività ad altri servizi, non solo in America. La strategia passa per le cessioni di attività non strategiche, è il caso degli asset del sudest asiatico, venduti per 2 miliardi di dollari alla Uber malese, Grab, così da liberare risorse per le acquisizioni. In questo caso il focus è sull’ Europa e le consegne di cibo a domicilio. Stando alle indiscrezioni di Bloomberg, Deliveroo, infatti, è valutata proprio 2 miliardi di dollari. Anche se l’offerta della società di San Francisco potrebbe essere «notevolmente superiore» a questa valutazione. Uber sembra dunque puntare su servizi che ha già sviluppato al suo interno con Uber Eats, il braccio operativo dedicato alla consegna di cibo, che - stando a un aggiornamento comunicato ai soci sui conti del secondo trimestre, ottenuto da MarketWatch - sta crescendo al tasso annuo del 200%. Il mese scorso Uber, fondata nel 2009 e valutata quasi 80 miliardi di dollari senza ancora avere mai archiviato un esercizio in utile, aveva annunciato ricavi trimestrali di gruppo in rialzo del 63% a 2,8 miliardi di dollari rispetto al secondo trimestre dello scorso anno.
L’indiscrezione sui colloqui con Deliveroo ha avuto conseguenze sui corsi di Just Eat, che come Deliveroo ha sede a Londra ed offre lo stesso servizio. Il titolo Just Eat al London Stock Exchange ha perso anche più del 5%, portando al 14% le perdite da inizio anno.