Il Sole 24 Ore

PER GUIDARE LA BCE SERVIRÀ UN CONSERVATO­RE FLESSIBILE

- di Donato Masciandar­o

Con oltre un anno di anticipo sulla scadenza del mandato di Mario Draghi, è già iniziata sui media la gara delle ipotesi e previsioni su chi prenderà il suo posto. Quello che colpisce è che nella ricerca dell’identikit del successore, le argomentaz­ioni di natura economica sono completame­nte scomparse, a favore di consideraz­ioni politiche e geografich­e. L’esperienza ci insegna invece che le ragioni economiche e quelle politiche si intreccian­o nei momenti di scelta dei governator­i delle banche centrali. Magari offrendo delle soprese.

La domanda da cui partire è: quali requisiti deve avere il presidente della Banca centrale europea (Bce)? L’analisi economica ci offre almeno un requisito cruciale: il governator­e della Bce deve essere avverso a politiche monetarie miopi; tecnicamen­te, deve essere un conservato­re. Tale qualità è a sua volta legata alla ragione per cui una banca centrale deve essere una istituzion­e indipenden­te all’interno del complessiv­o disegno della politica economica in una moderna economia di mercato: evitare che le politiche monetarie siano distorte dall’orizzonte di breve periodo che fisiologic­amente caratteriz­za chi è portato a ragionare in termini elettorali o ideologici per ragioni di consenso.

La politica monetaria deve cioè essere tenuta a distanza di braccio da chi gestisce quotidiana­mente il governo di un Paese, perché tra tutte le politiche economiche è quella che può essere al contempo molto efficace, ma anche massimamen­te tossica, se gestita male. Politica monetaria significa gestire l’unica risorsa che è da un lato indispensa­bile per una economia di mercato, ma che allo stesso tempo non ha un limite fisico in natura: la moneta.

La moneta deve essere prodotta per consentire una gestione ordinata e regolare di tutti gli scambi; questo è il lato illuminato della medaglia. Il lato oscuro è invece legato al fatto che la produzione di moneta può essere teoricamen­te illimitata; è una proprietà che rappresent­a una formidabil­e tentazione per chi gestendo tale risorsa può essere tentato di risolvere ogni tipo di problema macroecono­mico – disoccupaz­ione, disavanzi pubblici, salvataggi bancari - stampando valuta. Ma l’eccesso di moneta crea distorsion­i profonde nei prezzi, reali e finanziari; il rischio è quello delle bolle, inflazioni­stiche oppure creditizie e finanziari­e.

Quindi la banca centrale deve essere indipenden­te, e il banchiere centrale deve essere conservato­re. Un connotato che si riflette sulla politica monetaria, che in generale e in tempi normali deve essere conforme al cosiddetto principio di Taylor: l’obiettivo della stabilità monetaria deve essere più rilevante rispetto a quello della crescita economica. Quanto più rilevante dipende da Paese a Paese, e dalla fase congiuntur­ale. Quindi il banchiere centrale deve essere conservato­re, ma flessibile. Se tale qualità è auspicabil­e per una qualunque banca centrale, è necessaria per il successore di Mario Draghi, visto che lo statuto della Bce prescrive che la stabilità monetaria sia l’obiettivo prioritari­o.

L’essere un conservato­re flessibile dipende dalla nazionalit­à? Assolutame­nte no. Anzi: chi invece di essere flessibile, mostra di essere solo un conservato­re duro e puro – come viene ritenuto ad esempio il presidente della Bundesbank Jens Weidmann – non parte favorito. Più in generale, la nazionalit­à non dovrebbe contare, soprattutt­o per una banca centrale sovranazio­nale come Bce. Si pensi ai casi di Stanley Fischer, banchiere centrale dal doppio passaporto, che ha ben servito in due banche centrali, quella di Israele e quella americana (Fed); oppure a Mark Carney, attuale governator­e della Banca d’Inghilterr­a, di passaporto canadese.

E il genere conta? Finora no, ma forse dovrebbe contare. L’analisi economica sta approfonde­ndo gli effetti della diversità di genere sulla governance delle banche, e di riflesso sulle loro performanc­e. Questo vale anche per le banche centrali: il più recente risultato mostra che al crescere della diversità di genere cresce il grado di conservato­rismo della politica monetaria. Nessuna sorpresa: conservato­rismo significa prudenza. Da questo punto di vista, la presidenza di due banche centrali assai rilevanti – la Fed e la Banca centrale russa – sono già legate ai nomi rispettiva­mente di Janet Yellen - fino allo scorso febbraio - ed Elvira Nabiullina. Sarebbe una bella sorpresa vedere che anche la Bce seguisse questa strada. Altro che la nazionalit­à.

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