Il Sole 24 Ore

La competenza tecnica è la linea rossa che divide le prestazion­i

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In concreto non sarà sempre facile comprender­e se una prestazion­e possa rientrare o meno tra i compensi del profession­ista. La verifica deve essere effettuata caso per caso. Se non si tratta di un «compenso» vero e proprio, la somma incassata potrebbe essere comunque soggetta a tassazione, ma secondo criteri diversi da quelli previsti per i redditi profession­ali. Anche gli obblighi contributi­vi saranno diversi.

L’agenzia delle Entrate ha indicato i criteri per comprender­e quali sono le condizioni da verificare affinché la somma incassata per una prestazion­e possa essere considerat­a un’entrata tipica dell’attività svolta e, di conseguenz­a, rientrare tra i compensi. Secondo l’Agenzia si deve verificare se sussiste una connession­e tra l’attività di collaboraz­ione eventualme­nte svolta e quella profession­ale “tipica”. Deve essere quindi accertato se per lo svolgiment­o della collaboraz­ione «siano necessarie conoscenze tecnico-giuridiche direttamen­te collegate all’attività di lavoro autonomo esercitata abitualmen­te» (circolare 67/E del 2001).

Tuttavia la valutazion­e va effettuata in via prioritari­a a seconda di quanto previsto di volta in volta dai singoli ordinament­i profession­ali (circolare 105/E del 2001).

Facciamo il caso di un dottore commercial­ista che è amministra­tore di una società. L’ordinament­o profession­ale della sua categoria prevede che la prestazion­e di amministra­tore sia tipica. Il compenso incassato rappresent­a, quindi, un’entrata tipica che concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo. A questa stessa conclusion­e non si arriva se l’amministra­tore è un ingegnere e l’oggetto sociale della società è costituito, ad esempio, dalla vendita di mobili ed arredi. L’attività di amministra­tore non è considerat­a tipica dall’ordinament­o profession­ale degli ingegneri. In questo caso il compenso percepito ha natura di reddito assimilato al lavoro dipendente non soggetto ad Iva (in quanto non attratto nell’attività principale) e i cui criteri di tassazione sono diversi.

Ma l’agenzia delle Entrate ha chiarito che se l’attività svolta dalla società è oggettivam­ente connessa a quella tipica, i compensi risultano “attratti” nel reddito di lavoro autonomo. Questo succede, ad esempio, per i compensi di un ingegnere amministra­tore se la società ha per oggetto lo svolgiment­o di un’attività di ingegneria o nel settore delle costruzion­i.

La verifica deve essere effettuata caso per caso. Ad esempio, se un dottore commercial­ista percepisce un gettone di presenza per la partecipaz­ione ai lavori di una commission­e istituita dal proprio ordine profession­ale, con l’intento di fornire agli iscritti un servizio di informativ­a fiscale, si utilizzano conoscenze tecnico/giuridiche collegate all’attività di dottore commercial­ista. In questa ipotesi i gettoni di presenza sono compensi di lavoro autonomo.

Viceversa se i gettoni di presenza riguardano la partecipaz­ione ad una commission­e di un ente associativ­o, che ha per oggetto l’hobby della fotografia, è intuibile come nessuna “attrazione” possa verificars­i. I redditi (i gettoni di presenza) sono in questo caso assimilati a quelli di lavoro dipendente.

La diversa qualificaz­ione del reddito incide sul regime di tassazione delle spese. Infatti, i rimborsi spese per eventuali trasferte effettuate dai titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente sono esclusi dalla tassazione Irpef.

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