Metodo «blindato» per il transfer pricing
La Ctr Lombardia bacchetta le Entrate sulla valutazione dei prezzi di trasferimento Va sempre motivata l’adozione di criteri diversi da quelli usati dall’impresa
L’agenzia delle Entrate deve motivare l’utilizzo di un metodo diverso da quello adottato dal contribuente per contestare i prezzi di trasferimento. A ribadire il principio è la pronuncia della Ctr Lombardia 1648/2/18 (presidente e relatore Silocchi). La controversia trae origine da una ripresa per gli anni di imposta 2011 e 2012 sul valore di libera concorrenza delle cessioni di beni da una società italiana alle proprie consociate estere. Negli anni oggetto di verifica la contribuente era in condizioni di difficoltà avendo conseguito perdite per vari esercizi. A supporto del fatto che i risultati negativi erano da attribuirsi esclusivamente a fattori di mercato la società aveva esibito documenti da cui emergeva l’interruzione dei rapporti con clienti ed i bilanci di concorrenti, anch’essi in perdita.
La società, pur non avendo prodotto la documentazione di transfer pricing, sosteneva che per valutare la congruità dei prezzi di trasferimento il metodo da applicare era il Cup (confronto di prezzo), essendo quello raccomandato dai principi Ocse. Dall’applicazione del Cup emergeva che i prezzi intercompany erano allineati o superiori a quelli applicati a clienti indipendenti.
L’ufficio tuttavia, anziché applicare il Cup, selezionava il Tnmm (margine netto della transazione) e con una banca dati ricostruiva il profitto che la società avrebbe dovuto realizzare con un soggetto non correlato (cosiddetto arm’s length), da cui scaturiva la ripresa.
I giudici della Ctr, confermando la sentenza di primo grado, ritenevano non corretto l’operato dell’Agenzia. L’ufficio infatti non aveva efficacemente contestato l’analisi Cup contenuta nelle memorie del contribuente e non aveva dimostrato in maniera adeguata l’inapplicabilità dello stesso. Le argomentazioni si limitavano infatti secondo i giudici a frasi apodittiche. In aggiunta anche la selezione dei comparabili era inappropriata in quanto le società selezionate operavano in settori diversi da quello della contribuente.
I principi della sentenza sono in linea con il Dm 14/5/2018 (pur non se non richiamate espressamente). Il Dm prevede infatti (articolo 4, comma 6) che qualora un’impresa abbia applicato un metodo che rispecchia i requisiti della normativa (comparabilità, affidabilità, eccetera) la verifica dell’amministrazione si deve basare sul metodo applicato dall’impresa. Non di rado durante le verifiche l’ufficio cambia il metodo adottato dal contribuente senza motivare in modo adeguato la scelta. Giurisprudenza e nuove norme richiedono tuttavia che il disconoscimento debba passare da un’accurata disamina delle ragioni che stanno alla base del disconoscimento. Dalla sentenza non emerge se gli avvisi erano stati emessi a seguito di un Pvc o dopo un questionario senza quindi un pieno contraddittorio. Sul punto si ricorda che proprio la Ctr Lombardia nella sentenza 2629/24/18 (si veda il Sole24Ore del 3 settembre scorso) ha ritenuto illegittima la modifica dell’indicatore finanziario senza un contraddittorio preventivo tra contribuente e ufficio. A maggior ragione un cambio del metodo è illegittimo senza contraddittorio.