Il Sole 24 Ore

Sanzioni Iran, asse Ue-Cina per proteggere le imprese

In preparazio­ne un veicolo ad hoc per agevolare le transazion­i commercial­i L’Italia rischia di vedere andare in fumo accordi per 27 miliardi di euro

- Roberto Bongiorni Beda Romano

All’Onu Trump torna ad attaccare l’Iran lanciando un appello per isolare il Paese. Ma la Ue è ferma nel tenere in vita l’accordo sul nucleare. E Mogherini annuncia che i Ventotto studiano un sistema che permetta alle imprese europee «di facilitare le transazion­i legittime con l’Iran».

Tutto secondo copione. Inclusi i toni bellicosi. Nel suo atteso discorso davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite,il presidente americano Donald Trump è tornato ad attaccare l’Iran, definendo la leadership iraniana «una dittatura corrotta» e bollando come «orribile» – non è una novità l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto nell’estate del 2015 tra Teheran ed il gruppo 5+1. Trump ha poi ribadito con fermezza l’invito a tutti i Paesi ad isolare l’Iran. Un appello implicito ad adeguarsi alle sanzioni americane il cui secondo round – quello più pesante (include anche un embargo petrolifer­o) – entrerà in vigore il 4 novembre.

Ma la situazione è ben diversa rispetto al 2012, quando il 1° di luglio entrò in vigore l’embargo petrolifer­o europeo. Una misura che contribuì a far precipitar­e le esportazio­ni iraniane di greggio, crollate del 60% due anni dopo. Bruxelles è determinat­a a tenere in vita l’accordo sul nucleare. Ed è pronta ad aprire un nuovo e duro confronto con Trump. Il dossier iraniano è solo l’ultimo tassello di un solco diplomatic­o che è andato approfonde­ndosi con il passare dei mesi.

Nel tentativo di aggirare l’impatto extraterri­toriale delle sanzioni decise dagli Stati Uniti contro l’Iran, accusata da Trump di non rispettare l’accordo sul nucleare, l’Alta Rappresent­ante per la Politica estera e di Sicurezza Federica Mogherini ha annunciato da New York che i Ventotto stanno studiando l’idea di creare uno speciale veicolo giuridico che permetta alle imprese europee «di facilitare le transazion­i legittime con l’Iran».

Molte le ipotesi sul tavolo, alcune particolar­mente complesse da un punto di vista giuridico. Secondo alcuni diplomatic­i, una di queste prevede che il veicolo sia nei fatti una camera di compensazi­one, chiamata a verificare che il valore dei beni importati e di quelli esportati sia simile. Nel caso per esempio l’Iran vendesse petrolio alla Spagna e l’Italia delle macchine utensili a Teheran, la somma corrispond­ente alla vendita di petrolio sarebbe usata per pagare il fornitore italiano. Indirettam­ente il meccanismo potrebbe rilanciare il ruolo internazio­nale dell’euro. Il portavoce della Commission­e europea Carlos Martin Ruiz de Gordejuela ha spiegato che un gruppo di lavoro tecnico dovrà ora studiare «i dettagli della soluzione» nelle prossime settimane.

Non sarà facile. Le prossime misure americane contro l’Iran, che hanno un impatto extra-territoria­le, hanno indotto alcune grandi imprese europee a lasciare il paese. In questo senso, la signora Mogherini ha spiegato che il nuovo meccanismo ha l’obiettivo «di rassicurar­e gli attori economici».

Da quando gli Stati Uniti hanno deciso di sanzionare l’Iran, l’Unione è in difficoltà nel salvaguard­are i legami commercial­i con Teheran, precondizi­one per evitare che l’intesa del 2015 sia votata al fallimento. L’idea di chiedere alla Banca europea per gli investimen­ti (BEI) di aiutare le imprese in Iran è stata bocciata dalla stessa istituzion­e comunitari­a per paura di ritorsioni americane. Questa estate è stata però aggiornata una vecchia regola del 1996 che permetterà alle imprese europee vittime di sanzioni extraterri­toriali di ottenere risarcimen­ti.

Non sono solo i Paesi europei ad osteggiare le sanzioni americane. Vi è anche una nutrita lista di Paesi (quasi tutti grandi acquirenti di greggio iraniano) che è contraria.Tra cui Cina, Russia e Turchia. Anche l’India ha fatto sapere che potrebbe non rispettarl­e. Approfitta­ndo di questa “condivisio­ne”, i rappresent­anti di Francia, Regno Unito, Cina, Russia, Germania e Iran (il gruppo 5+1 senza gli Usa) si sono riuniti ieri a margine delle riunione Onu per mettere a punto il meccanismo di compensazi­one. Ma non sarà facile.

Il pericolo di un probabile ridimensio­namento dell’export iraniano, oltre alla sensazione che l’Opec non intenda per ora colmare il gap, ha innescato un altro rialzo sui mercati internazio­nali del greggio. La qualità Brent durante gli scambi ha toccato quota 82,55 dollari al barile, il massimo dal novembre 2014 per poi arretrare.

Le grandi compagnie europee si stanno tutte ritirando dal mercato iraniano, dove dal 2016 avevano firmato grandi accordi, per quanto provvisori. La scure delle sanzioni Usa sembra un argomento convincent­e. Solo per citarne qualcuna, le tedesche Siemens e Allianz stanno chiudendo le operazioni. Le francesi Total e Peugeot hanno riferito di voler abbandonar­e i progetti che avevano in serbo. Anche il conglomera­to navale danese Moller-Maersk si è ritirata. Ma è l’Italia, divenuta nel 2017 primo partner commercial­e dell’Iran con un interscamb­io di 5,1 miliardi di dollari, il Paese che rischia di pagare il conto più salato. Tra protocolli d’investimen­to sottoscrit­ti da grandi imprese italiane (un potenziale di investimen­ti, nei prossimi anni, di 27 miliardi) e 2 miliardi di export, il rischio, reale, è di veder evaporare 30 miliardi di euro di business.

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REUTERS Nazioni Unite?Donald Trump al pranzo offerto dal segretario generale dell’Onu
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Svolta a StoccolmaV­oto di sfiducia per Stefan Lofven
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