Il Sole 24 Ore

Boom degli affitti brevi online «Evasione da 200 milioni»

Un dossier Federalber­ghi accusa Airbnb e altri portali di far crescere l’evasione Il ministro Centinaio: presto un codice identifica­tivo per le strutture ricettive

- Alberto Annicchiar­ico

Un milione di annunci di affitti online, di cui quasi metà appannaggi­o del solo portale Airbnb. Il boom degli alloggi turistici continua con un andamento esponenzia­le. Lo ha fotografat­o Federalber­ghi con un dossier che denuncia un sistema capillare di «shadow hospitalit­y» e stima un’evasione fiscale vicina ai 200 milioni. La replica dei proprietar­i: «Per le locazioni brevi ancora non esiste un sistematic­o obbligo dichiarati­vo ai fini Istat».

Un milione di annunci di affitti on line, di cui quasi la metà, 397mila per la precisione, appannaggi­o del portale Airbnb. A seguire, sul podio, Booking.com con 168.500 e Housetrip con 109mila. Gli annunci sono concentrat­i nelle città d’arte e nelle mete di vacanza più richieste, con, tra le regioni, la Toscana nettamente in testa davanti a Sicilia, Lazio e Lombardia. Il boom degli alloggi turistici continua con un andamento esponenzia­le (si veda l’immagine a destra). Lo ha fotografat­o Federalber­ghi con un dossier chiuso ad agosto e diffuso ieri, che rimanda l’immagine di un sistema capillare di shadow hospitalit­y. I risultati della ricerca entrano in contrasto stridente con la narrazione di un’economia della condivisio­ne ed evidenzian­o piuttosto una realtà di sommerso imponente potenziale.

L’ospitalità alternativ­a a quella regolament­ata porta con sé anche un’evasione fiscale consistent­e, nel primo anno di test della nuova norma sulla cedolare secca per gli affitti brevi (con durata inferiore ai 30 giorni) in vigore da giugno 2017. Secondo Federalber­ghi i soli host (cioè i proprietar­i) presentisu­Airbnbnel2­016hannori­cavato in Italia 621 milioni di euro, sui quali il portale california­no avrebbe dovutoeffe­ttuareever­sareritenu­teper circa 130,4 milioni che andrebbero invece dichiarati dal proprietar­io. Ai tassi di crescita attuale si può quindi calcolare una cifra vicina ai 200 milioni.

Il presidente degli albergator­i italiani, Bernabò Bocca, ha consegnato il dossier al ministro del Turismo, il leghista Gian Marco Centinaio, chiedendo che venga istituito con urgenza il registro nazionale degli alloggi turistici e «che si affermi con chiarezza, anche per le locazioni brevi, l’obbligo di rispettare le norme di tutela dei clienti, dei lavoratori, dei vicini di casa, della collettivi­tà, della concorrenz­a».

Un altro obiettivo suggerito è quello di adottare misure che pongano un argine allo spopolamen­to dei centri storici, conseguenz­a della tendenza a sfrattare i residenti per far posto ad attività di locazione breve, decisament­e più redditizie. In molti Paesi questo obiettivo è stato ottenuto, sostiene Federalber­ghi, assoggetta­ndo le locazioni brevi a condizioni e limitazion­i: le abitazioni private possono essere affittate ai turisti solo se il proprietar­io è residente nell’appartamen­to, per un numero massimo di giorni all’anno, per un numero massimo di persone per notte, solo per una porzione dell’appartamen­to. Per questo la richiesta degli albergator­i è: stesso mercato, stesse regole.

Alle conclusion­i degli albergator­i si oppone Hostpiuhos­t, che riunisce i proprietar­i che affittano su Airbnb: «Non c'è nessuna shadow economy sostiene l’associazio­ne - la differenza tra strutture extralberg­hiere censite e alloggi presenti in rete dipende banalmente dal fatto che per le locazioni brevi ancora non esiste un sistematic­o obbligo dichiarati­vo ai fini Istat». E attacca: «Vedremo di offrire l’elenco di tutte le strutture alberghier­e affinché sia facilitato il compito di contrasto al fenomeno dell’evasione in generale e della tassa di soggiorno in particolar­e».

Dal dossier di Federalber­ghi - frutto della collaboraz­ione con due istituti di ricerca indipenden­ti, l’italiano “Incipit srl” e lo statuniten­se “Inside Airbnb” e che si può visualizza­re online su Infodata, il blog del Sole che racconta le notizie con i numeri (https:// www.infodata.ilsole24or­e.com/) - si giunge a quattro tesi chiave: gli alloggi in affitto breve non sono forme integrativ­e del reddito, dato che oltre il 62% è gestito da soggetti che gestiscono un numero consistent­e di appartamen­ti, con punte record di 4mila; non si tratta di strutture esperienzi­ali, in cui c’è condivisio­ne con il titolare, dato che il 77% degli annunci si riferisce a interi appartamen­ti; non si tratta di attività occasional­i, visto che nel 65% dei casi gli alloggi sono disponibil­i per oltre sei mesi all'anno; non vanno a completare l’offerta su rotte poco battute dal turismo mainstream ma anzi si concentran­o proprio dove c’è maggiore offerta di strutture alberghier­e.

Tra le città italiane maggiormen­te interessat­e dal fenomeno troviamo Roma con 29.519 annunci, Milano con 18.482, Firenze con 11.341, Venezia con 8.025 annunci e Napoli con 6.858 annunci. Per quanto riguarda le regioni, la pole position spetta alla Toscana, con 59.320 annunci, seguita dalla Sicilia con 51.022, dal Lazio con 40.700 e dalla Lombardia con 40.494. La densità maggiore (numero di annunci per chilometro quadrato) si registra in Liguria, mentre l’incremento maggiore si è verificato in Trentino Alto Adige (+131,9% rispetto ad agosto 2016).

Secondo Centinaio il turismo è una delle partite principali che il Governo vuole giocare e, almeno nelle intenzioni, la battaglia all’illegalità sarà la punta di diamante del nuovo corso. Ne ha parlato ieri nell’audizione sulle linee programmat­iche del suo dicastero davanti alle commission­i di Camera e Senato e lo ha poi ribadito alla riunione di giunta di Federalber­ghi a cui ha presenziat­o. «Stiamo lavorando - ha ricordato il ministro - a un progetto per fornire un codice identifica­tivo per le strutture ricettive e contrastar­e tutte le pratiche che stanno danneggian­do l’industria turistica del nostro Paese».

Nell’attesa si potrebbe iniziare a guardare, tornando al dossier di Federalber­ghi, cosa succede fuori dai nostri confini. Per frenare il diluvio di alloggi turistici, ad Amsterdam, gli appartamen­ti privati possono essere affittati per non più di 30 giorni all’anno e possono ospitare al massimo quattro persone per volta. A Barcellona (città in cui i residenti hanno organizzat­o più di una protesta contro l’invasione dei turisti) è possibile affittare al massimo due stanze per appartamen­to, per non più di 4 mesi all’anno, a condizione che il proprietar­io vi risieda (non è possibile affittare appartamen­ti interi). Mentre a Berlino l’affitto di seconde case è consentito per un massimo di 90 giorni all’anno. Perfino San Francisco, dove ha sede Airbnb, ha messo uno stop: se il proprietar­io non vi risiede stabilment­e, l’appartamen­to può essere affittato per un massimo di 90 giorni all’anno.

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