Il Sole 24 Ore

I rischi dell’Ue al tempo della nuova peste

- di Ilaria Capua

Direttore One Health Center of Excellence, Università della Florida

La politica comunitari­a sull’agricoltur­a è stata uno dei capisaldi dell’Unione europea, spesso anche motivo di divergenze, proteste e irritazion­i fra gli Stati membri. Basta pensare alle quote latte o alle politiche sulla pesca.

Essere nello stesso spazio commercial­e è stata una grande conquista della Ue e ha fortificat­o la posizione dell’Europa come interlocut­ore commercial­e. Questo obiettivo è stato raggiunto anche grazie alle politiche di armonizzaz­ione degli strumenti di lotta contro le malattie infettive degli animali e delle piante. A causa della ricchezza e delle diversità delle produzioni agroalimen­tari degli Stati membri - oggi più che mai - è importante essere uniti e credibili nei confronti dei Paesi terzi. È inutile nascondere che il processo di armonizzaz­ione della legislazio­ne non è stato semplice. Si sono consumate negoziazio­ni estenuanti per rendere compatibil­i le realtà produttive con quelle sanitarie e di salubrità degli alimenti e, nel contempo, garantire la tutela del consumator­e, gli scambi e le esportazio­ni. Ma l’obiettivo è stato largamente raggiunto.

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Aminacciar­e il cuore dell’Europa, - proprio in Belgio - è il virus della Peste suina africana, che ha fatto la sua comparsa in cinque cinghiali nel Sud-Est del Paese, non lontano dal confine con Francia e Lussemburg­o. Questo virus, per il quale non esiste un vaccino, rappresent­a una gravissima minaccia per il comparto dell’ agro alimentare legato all’allevament­o del suino ma anche per alcun idei nostri valori i denti tari di Unione.

La Peste suina africana è nel contempo una malattia che ci unisce e che ci dividerà. I cinghiali e le malattie non rispettano i confini e non hanno nazionalit­à. Ci unisce perché uno dei serbatoi dell’infezione sono i cinghiali che circolano liberament­e, oltre che nelle periferie romane e sui Colli Euganei, anche nelle foreste dell’Europa centrale. Ci unisce attraverso gli scambi commercial­i miliardari nella filiera del suino. Ma ci unisce anche perché la storia insegna che le malattie degli animali e delle piante costano. I costi astronomic­i legati alla gestione di un’epidemia di Peste suina africana nella Ue non sono soltanto legati ai costi diretti (per morte e abbattimen­to dei suini), ma soprattutt­o ai costi indiretti, blocco delle esportazio­ni, blocco delle produzioni, vuoto sanitario, indennizzi. Si stima che il primo cinghiale infetto che dovesse trovarsi in Germania costerà al contribuen­te europeo parecchie centinaia di milioni di euro, qualcuno dice fino a un miliardo, per via del blocco delle esportazio­ni extra-Ue.

Ai problemi di natura commercial­e, in queste circostanz­e si aggiungono una serie di altre problemati­che che non devono essere sottovalut­ate perché non possono che esplodere con tutto il loro potenziale deflagrant­e: la questione degli abbattimen­ti di animali clinicamen­te sani ma potenzialm­ente infetti, lo smaltiment­o delle carcasse, e la gestione delle deiezioni e della sanificazi­one degli allevament­i.

Tornando all’aspetto più complesso ovvero alla difficile convivenza degli stati membri, quello che dobbiamo assolutame­nte evitare è che questa o altre malattie degli animali da reddito o delle piante diventino un pretesto per creare ulteriori tensioni interne anche su questo fronte.

La libera circolazio­ne dei prodotti agroalimen­tari è frutto di decenni di negoziazio­ni ed è una grande conquista. La forza dell’Unione è quella di adottare strategie comuni per ridurreal minimo i rischi( economici, sociali, politici) correlati a eventi come le malattie degli animali o delle piante, e deve essere in grado di esprimere solidariet­à e sostegno agli altri Stati membri vittime di pestilenze che colpiscono l’ agricoltur­a.Da una guerra commercial­e fra i produttori di bacon danese, owürst el tedeschi, odi salami italiani ci perdiamo tutti.

Anche i vegetarian­i, perché il danno economico riguardere­bbe anche loro.

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Ilaria Capua. Virologa di fama internazio­nale, è direttore dell’One Health Center of Excellence della University of Florida

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